Page 9 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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lascia delusi e soprattutto non consente di sperare che non si ripetano,
          oggi  e  in  futuro,  gli  errori  del  passato  (si  pensi  ai  campi  conflittuali

          dell’evoluzionismo, della biogenetica, del controllo delle nascite, ecc.).
          Vorremmo  ricordare  anche  il  più  recente  Galileo.  La  lotta  per  la

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          scienza,  il cui autore, Egidio Festa, evidenzia come il nome di Urbano
          VIII  non  compaia  mai,  né  nelle  parole  del  cardinale  Poupard,

          coordinatore  della  Commissione,  né  in  quelle  di  Giovanni  Paolo  II.  E
          scrive: «Citare Urbano VIII significava risalire al vero responsabile della

          condanna  e  alla  sua  posizione  filosofica  che  ancora  oggi  la  Chiesa
          cattolica rifiuta di esaminare… L’argomento di Urbano VIII: “Dio può

          far  accadere  i  fenomeni  naturali  per  cause  e  con  modalità  diverse  da
          quelle  cui  perviene  la  ragione  umana”  inviava  le  dimostrazioni  degli

          scienziati, passate, presenti e future, all’onnipotenza divina e ipso facto
          al  contenuto  della  Sacra  Scrittura.  I  teologi  restavano  i  soli  scienziati
          degni  di  fiducia  perché  abilitati  a  ritrovare  tutte  le  verità  nelle  Sacre

          Lettere»;  argomentazione  che  ancor  oggi  contribuisce  a  spiegare  i
          frequenti  interventi  della  Chiesa  in  vari  campi  del  sapere,  basati  su

          affermazioni scientificamente non giustificabili.
          Galileo  è  condannato  dal  Tribunale  dell’Inquisizione  nel  giugno  del

          1633, in quanto «vehementemente sospetto d’heresia» per aver difeso la
          tesi  copernicana,  cioè  «tenuto  e  creduto  dottrina  falsa  e  contraria  alle

          Sacre e divine Scritture». È costretto all’abiura, è forzato a giurare che
          per l’avvenire non sosterrà né a voce né per iscritto gli argomenti per cui
          è stato condannato, e che denuncerà all’Inquisizione chi lo farà. Il suo

          Dialogo, «opera – nelle parole di Galileo – per i gesuiti più pericolosa
          per la Chiesa dell’intera riforma di Calvino e Lutero», è posto all’Indice,

          e copie della sentenza e dell’abiura vengono inviate in tutta Europa, con
          l’ordine  di  dar  loro  la  massima  diffusione,  onde  servano  da  monito  a
          studiosi  e  scienziati.  Eventi  che,  come  si  voleva,  segnano  l’inizio  del

          declino della scienza in Italia.
          Se le parole «eppur si muove» non vennero mai da Galileo pronunciate

          davanti ai suoi giudici, esse tuttavia ben compendiano la sua convinta
          adesione alle idee condannate e la determinazione a proseguire nella sua

          opera.  Lo  conferma  il  fatto  che,  a  soli  pochi  giorni  di  distanza  dalla
          condanna,  a  Siena,  dove  il  papa  gli  ha  consentito  di  essere  ospitato

          dall’arcivescovo  Piccolomini,  inizia  a  stendere  alcune  parti  del  suo
          lavoro più importante, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a





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