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da una rigorosa discussione critica del Vecchio Testamento, volta a smascherare le
interpretazioni superstiziose o antropomorfiche della divinità, finalizzate a interesse
di particolari gruppi, siano essi clero o autorità politiche. Come la legge divina non
può avere altro scopo che il conseguimento del Bene Supremo, che è la conoscenza e
l’amore di Dio, così la legge umana non deve essere finalizzata ad altro che al
conseguimento della saggezza e al pieno sviluppo della ragione naturale. Da ciò
deriva la intransigente difesa dell’autonomia della ragione, che si realizza con la
massima libertà di pensiero e di espressione.
Trattati sul governo (Two treatises of government), opera di J. Locke (1690). Il
sottotitolo esplicativo dice così: « Nel primo sono individuati e abbattuti i falsi
principi e il fondamento di sir Robert Filmer e dei suoi seguaci. Il secondo è un
saggio riguardante la vera origine, i limiti e il fine del governo civile ». Si tratta in
realtà di due saggi di argomento ben distinto. Il primo contesta la tesi, sostenuta da
R. Filmer nel-Patriarca, che il potere regio sia un’estensione del potere del padre
sui figli, attribuito da Dio ad Adamo ed ereditato successivamente da tutti gli uomini.
Il secondo, di maggiore impegno speculativo, muove dalla concezione
contrattualistica dell’origine dello Stato. L’uomo passa dallo stato di natura, nel
quale gode già dei « diritti naturali », al contratto sociale unicamente perché quei
diritti possano essere più ampiamente e sicuramente goduti. La tutela delle offese
alla persona e alla proprietà, per es., è solo meglio assicurata dall’esistenza di un
potere superindividuale, di fronte al quale devono rassegnarsi a cedere anche i più
violenti. Il concetto del potere statale come potere delegato implica che
l’assolutismo e il dispotismo sono sempre da considerare come deviazioni e abusi.
Una parte del saggio è dedicata alla dottrina della separazione dei poteri. Locke
riconosce una funzione preminente al legislativo e tende a contenere i compiti
dell’esecutivo; quando quest’ultimo oltrepassa arbitrariamente questi limiti, sussiste
il dirittodovere della ribellione. Così Locke giustifica la « gloriosa rivoluzione » del
1688 e la deposizione di Giacomo II Stuart. L’opera è considerata un classico della
dottrina politica liberale.
Trattato delle sensazioni (Traité des sensations), opera di Condillac (1754).
L’autore tende a provare che tutte le facoltà e funzioni dell’anima derivano dalle
sensazioni e che ogni contenuto della mente è solo « sensazione trasformata »
mediante il ricorso all’ipotesi di una statua di marmo, nella quale vengono supposti
funzionanti, uno dopo l’altro a volontà del ricercatore, i vari organi di senso.
Attraverso un rigoroso svolgimento analitico, l’autore mostra come tutte le funzioni
intellettuali, anche le più complesse, siano riconducibili alle sensazioni, ordinate
secondo il criterio utilitaristico del piacere o del dolore. Tra i vari sensi carattere di
preminenza è attribuito al tatto, l’unico che è in grado di fondare la costituzione della
realtà esterna.
Trattato di morale (Traité de morale), opera di Malebranche (1683). La ragione
include due tipi di verità eterne, quelle teoriche e quelle pratiche. Queste ultime sono
verità « d’ordine », e cioè si fondano sul riconoscimento del diverso grado di
eccellenza delle cose. « La ragione di cui parlo » dice Malebranche all’inizio