Page 14 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                       Hiram o Oedepus (Edipo)?


                       Tutta l’umanità è angustiata da una domanda: che cosa ci
                attende dopo la morte?
                       Una  domanda  vecchia  come  il  mondo,  antica  come  il
                primo uomo che si soffermò a rimirare le stelle o ad osservare le
                prime  fiamme  di  un  focolare.  Una  domanda  alla  quale  nessun
                premio Nobel finora ha saputo dare una risposta. E più si procede
                nelle stagioni della vita e più questa domanda si fa assillante.
                       La  forza  inesauribile  delle  chiese,  di  tutte  le  chiese,
                sinagoghe e moschee, sta nella risposta a questa domanda: dopo
                la morte, in base alle nostre azioni durante la vita o in base alla
                fede in Dio palesata negli anni, ci attende la gloria del Paradiso
                oppure l’eterna dannazione nello stagno infuocato?
                       Per Greci, Etruschi, Romani la risposta era diversa, più
                onesta: non si sa! Non è lecito sapere!
                       Per gli Etruschi a custodia dell’ultima porta, quella della
                morte,  c’era  la  dea  Culsu,  dalla  duplice  faccia  di  giovane  e
                vecchia,  con  la  bilancia  in  una  mano  e  le  forbici  nell’altra:
                connubio tra l’egiziano Anubi, il dio con testa da sciacallo che
                pesava le anime dei morti utilizzando una piuma, e Atropo, una
                delle tre Moìre o Parche dalle belle braccia come cantava Omero,
                che  con  la  forbice  recideva  il  filo  della  vita.  (E  canche  san
                Michele sta sulla porta del paradiso con la bilancia in mano…)
                       Per quanto riguarda i Romani, Culsu e Culsans, sorella e
                fratello, entrambi bifronte, si fusero nel dio Giano, i cui sacerdoti
                precedevano  quelli  di  Giove  in  tutte  le  cerimonie.  E  Giano
                sostituì Culsu a guardia dell’ultima porta.
                       Durante le guerre a Roma si chiudevano tutti i templi e si
                apriva il tempio di Giano,  sul Gianicolo: colle che da quel dio
                prese  nome;  poi,  finita  la  guerra,  il  tempio  di  Giano  veniva
                chiuso e si riaprivano tutti gli altri templi. Per quale motivo?
                       Durante  le  guerre,  quasi  annuali  nella  città  dei  Quiriti
                bellicosi, le madri e i padri, i figli e le figlie, le sorelle e i fratelli
                dei  soldati  e  dei  generali  impegnati  sui  campi  di  battaglia,
                andavano a pregare il dio affinché non dischiudesse ai loro cari
                l’ultima porta, ma concedesse di tornare a casa sani e salvi!






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