Page 26 - Maschere_Motta
P. 26
ai piedi, curvi sotto il peso dei campanacci”, e quello più agile e sciolto, ma sempre misurato
e accordato, degli altri. Il berretto o cappuccio rosso, che ancora si usa nel car-nevale di alcu-
ne località piemontesi, e quello pure rosso e a barchetta della maschera tipica di Viareggio,
Burlamacco, sono elementi tipici di personaggi infernali: simile è il copricapo caratteristico
degli spiriti folletti o diavolini, esseri piccolissimi e aerei, capaci di ogni sorte di dispetti, — la
cui credenza, diffusa, per una vastissima area, e raffrontabile a quella dell’Incubo, demone
dal cappello rosso, testimoniata in un passo della Cena dì Trimalchione - che proprio in quel
prezioso copricapo concentrano tutto il loro potere bizzarro. Una certa atmosfera infernale
vogliono pure riesumare, in genere, i fantastici miscugli di colori dei costumi di Brighella,
Pantalone, e di altre maschere tradizionali.
Il diavolo, inoltre, costituisce una maschera a sé, diffusissima in Italia, in Austria e in altri
paesi, con forme varie. In Toscana ad esempio, indossa due sottane legate alla cintura, una
delle quali copre le gambe, l’altra il torace, e porta sulla fronte un paio di corna lunghe e
flessibili. Proprio delle maschere raffiguranti le anime dei morti, (le cui azioni sono volte a
vendicare i morti, disturbando i vivi), è l’andare in giro, attuando i più strani dispetti come
fanno i già ricordati folletti, creduti bimbi morti senza battesimo, o infastidendo i passanti
rubacchiando, come fanno i vari Pulcinella, e specialmente Zane, maschera sopravvissuta
fino a non molto tempo addietro, nel folklore trentino, il cui compito era quello di entrare
di nascosto nelle case e portar via dalla cucina salami, carne, galline, uova, pane, focacce e
altre cose mangerecce. Lo stesso nome Zane, che taluni fanno derivare dal latino Sannio,
buffone, altro non è che la forma dialettale di Giovanni e potrebbe essere un nome così detto
di copertura, foggiato su modelli siciliani Culicchiu, Mastru Gnaziu, etc, con cui si allude al
diavolo, per non pronunciarne il nome vero considerato tabù.
Più certa e più sicura spia del suo carattere diabolico, è l’etimologia di Arlecchino, la cui
forma originaria Hellequin (Harlequin) si compone della radice Hell, inferno, e ben si conser-
va nel dantesco “Alichino”, che si presenta appunto nella figura di un diavolo comico; l’origi-
naria natura diabolica del personaggio può riconoscersi altresì, nel nome dato alla masche-
ra napoletana, poi europeizzata di Pulcinella (napoletano Pollicinella), che deriva da pulcino
(napoletano: pollicinu), in quanto la maschera ne riproduceva nella voce il medesimo suono
stridulo.
Da Napoli, (ove è nata) la maschera di Pulcinella, si è poi diffusa in tutta l’Europa, assu-
mendo, secondo i luoghi, caratteristiche nazionali: Polichinelle in Francia, Punch in Inghil-
terra, Pulzinella e Hanswurst in Germania, Tonelgeek in Olanda, don Christoval Polichinela
in Spagna; e derivazioni locali possono considerarsi i trasteverini Meo Patacca e Marco Pepe,
che portano berretto a tocco, fazzoletto annodato al collo e una fascia rossa come cintura.
I rantoli, gli strilli, i canti, i suoni, i rumori prodotti con strumenti d’ogni genere, e il chiasso
che precedono e accompagnano nelle uscite e nei cortei le maschere, le quali rimangono,
invece, mute come “ombre silentes”, costituiscono un altro indizio infallibile che esse sono
spiriti dei morti. In vari luoghi della Puglia non è, del resto, scomparsa la tradizione della
maschera della Morte, rappresentata da individui che indossano un lungo saio nero e vanno
di notte a bussare alle case di amici e parenti, destando spavento e chiedendo con voce mi-
nacciosa vivande e vino.
16