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L’età contemporanea


      IL POST-COMUNISMO NELL’EUROPA DELL’EST
      Chi pensava che la caduta del comuni-  rette eredi dei vecchi partiti comunisti.
      smo significasse l’immediata fine delle  In Polonia, ad esem pio, alle elezioni pre-
      difficoltà nei paesi satelliti e nella stessa  sidenziali del novembre 1995 il candi-
      ex-URSS, è stato parzialmente smentito.  dato ex-comu nista Alexander Kwesnie-
      Nonostante gli sforzi compiuti per tenta-  ski ottenne il 51,43 % dei voti, sconfig-
      re di risol levare le vessate economie,  gendo così la concorrenza di Walesa. Ad
      nella maggior parte degli Stati queste ul-  analoghi, ma temporanei successi, an-
      ti me hanno stentato a riprendersi negli  darono incontro gli ex-comunisti confluiti
      anni immediatamente successivi alla ca-  nel partito socialista ungherese e quelli
      duta del Muro. II persistere della  crisi  di Ion Iliescu in Romania. Ultimo episo-
      economica e la disoccupazione convin-  dio di transizione guidata da un ex è la
      sero in alcuni casi una parte dell’opinio-  Russia, dove il presidente Vladimir Pu-
      ne pubblica cresciuta nel comunismo a  tin (eletto nel 2000) vanta un passato co-
      ridare fiducia a formazioni politiche di-  me funzionario del KGB.

     Slovenia, Croazia,  marono unilateralmente l’indipendenza (1991) e, nel marzo
     Bosnia e Macedonia  1992, un referendum popolare sancì analoga decisione da par-
     proclamano     te della Bosnia-Erzegovina e della Macedonia. Mentre la Slove-
     l’indipendenza  nia conseguì l’obiettivo in modo quasi del tutto indolore, di-
                    versamente accadde per Croazia e Bosnia. Qui, infatti, inter-
                    venne l’esercito federa le iugoslavo di Belgrado (capitale serba
     Scoppia        e federale), giustificando l’attacco con la difesa delle minoran-
     la guerra civile   ze serbe nelle due regioni. Ne seguì una guerra civile di gravi
                    proporzioni, risoltasi solo sul finire del 1995, quando, in segui-
     Gli accordi di Dayton  to agli accordi di Dayton, mediati dal presidente americano
                    Clinton e sottoscritti a Parigi dagli interessati (14 dicembre
                    1995), le osti lità terminarono ufficialmente. Dal conflitto uscì
                    particolarmente provata la capitale bosniaca Sarajevo, assedia-
                    ta a lungo dalle forze serbe.
                    I vuoti prodotti dal crollo dei regimi comunisti in Europa orienta-
                    le, la dissoluzione dell’URSS (tradizionale alleata della Serbia) e la
                    guerra civile nella ex Iugoslavia avviarono un processo di riassetto
                    geopolitico di tutta l’area, suscitando un “effetto domino” in cui al-
                    le tensioni nazionali si sommarono antiche controversie territoria-
                    li e conflittualità di stampo religioso (è il caso della presenza mu-
                    sulmana in Bosnia-Erzegovina). Terminata la guerra civile in Bo-
     Guerra civile   snia-Erzegovina si aprì il fronte del Kosovo (1998-1999), una re-
     in Kosovo      gione a statuto speciale all’interno della Serbia e con una forte
     ed espulsione della  presenza albanese, dove alla guerriglia indipendentista albane-
     popolazione serba  se si contrappose l’esercito serbo. L’intervento della NATO
                    portò al ritiro delle truppe serbe e alla fuga della popolazione
                    di origine serba, mentre il controllo del Paese venne assunto
                    dalla comunità albanese.
                    La crisi ha quindi investito quanto restava della ex Iugoslavia nei
                    primi anni del XXI secolo: caduto Milosevic (2000), Serbia e
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