Page 146 - Storia dell'inquisizione spagnola
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opposizione all’amministrazione regia e in particolare alla
fiscalità. Ma, sebbene numerosi ribelli fossero conversos,
essi non attaccarono mai l’Inquisizione. Tuttavia, nel corso di
questa rivolta il Santo Uffìzio processò numerosi Nuovi
Cristiani accusati di aver fomentato la ribellione. L’autodafé
del 14 febbraio 1521 condannò 68 persone, quello del 19
maggio, 50 persone, e infine quello del 1° marzo 1522, 37
persone.
In seguito, il tribunale continuò la sua temibile attività nei
confronti dei conversos. Ciò nonostante, il numero delle
vittime diminuì per il progressivo sterminio degli ebrei, e
anche per la loro fuga, o per la loro morte naturale. La
maggioranza dei loro discendenti si integrò man mano
volontariamente nella massa. Per la loro origine, infatti, i
conversos portavano il marchio dell’infamia: dall’inizio del
secolo XV si affermò il principio della limpieza de sangre o
purezza di sangue, fondamento dell’integrità razziale del
gruppo dei Vecchi Cristiani, nato dal diffondersi in tutti i ceti
sociali degli ideali cavallereschi: onore e orgoglio ereditati
dalla Reconquista. Le ripercussioni sociali di questo
principio si manifestarono con la progressiva introduzione
della discriminazione razziale a spese del converso, odiato
per le sue attività commerciali e finanziarie, e della sua
origine religiosa. Il criterio della purezza del sangue divenne
l’elemento di riferimento nella società spagnola. Coloro che
non erano ex puro sanguine procedentes si vedevano
rifiutare l’accesso alle università (Salamanca, Toledo,
Valladolid e Siviglia), agli ordini militari (santiago, Alcantára
e Calatrava), ad alcuni ordini religiosi (domenicani,
gerolimitani, francescani, e più tardi, gesuiti); non potevano
far parte del personale dipendente dall’Inquisizione, né
ottenere cariche pubbliche; ma in questo caso l’interdizione
non era rispettata per motivi economici. Dalla sua
fondazione l’Inquisizione applicò l’interdizione secondo le
Istruzioni di Torquemada, pubblicate a Siviglia nel 1484:
«[...] ai figli e nipoti dei condannati è fatto divieto
(dall’Inquisizione) di occupare o possedere cariche o funzioni