Page 8 - Avarizia
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venga a conoscenza. Si tratta di un patrimonio gigantesco, a cui va

          aggiunto quello controllato dalle congregazioni cattoliche, dagli
          ordini religiosi e dalle associazioni laiche. Se Opus Dei, Legionari di
          Cristo e Cavalieri di Colombo sono tra i più noti e facoltosi,

          dall’America all’Oceania se ne contano a migliaia, ognuno con i suoi
          beni e i suoi denari, e anche con i suoi bilanci che – ancor più di
          quelli delle singole diocesi – non hanno nulla a che fare con quello
          del Vaticano. Gran parte delle ricchezza posseduta dai vari enti,
          infine, è segreta e riservata: in molti paesi, associazioni e

          congregazioni non hanno l’obbligo di pubblicare report annuali,
          mentre le leggi vigenti sulle fondazioni, negli Stati Uniti e in Europa,
          permettono la privacy più assoluta nascondendo al pubblico parte

          importante delle proprietà ecclesiastiche. Non solo in Italia, ma in
          mezzo mondo.
             Il volume che avete in mano, però, grazie a una mole significativa
          di documenti inediti provenienti dalle stanze vaticane, report di
          revisori chiamati da Francesco per fare luce su conti e transazioni

          finanziarie, lettere e bilanci dei singoli dicasteri, può oggi illuminare
          per la prima volta l’intero tesoro del papa, quello controllato
          direttamente dal Vaticano. Una montagna di miliardi tra conti,

          investimenti finanziari, metalli preziosi e proprietà immobiliari che
          anche oggi – dopo le guerre di potere scoppiate ai tempi di
          Benedetto XVI – continuano a provocare dietro le mura scontri
          furibondi tra fazioni contrapposte. Eserciti interni e gruppetti di
          laici ben inseriti, cardinali armati l’un contro l’altro, dietro

          Francesco si muovono camarille e monsignori che non sembrano
          ancora convertiti al credo pauperista del nuovo pontefice, e che
          hanno ancora un obiettivo prioritario: mettere le mani sopra una

          fetta della torta.
             Spulciando una delle relazioni interne della Cosea, la dissolta
          Commissione referente sull’organizzazione della struttura
          economica del Vaticano che Bergoglio in persona ha creato per far
          luce sulle sacre finanze, si scopre innanzitutto che “le varie

          istituzioni vaticane gestiscono i propri asset e quelli di terzi a un
          valore dichiarato di 9-10 miliardi di euro, di cui 8-9 miliardi in titoli,
          e uno di immobiliare”. Una stima contabile assai precisa per quanto

          riguarda le ricchezze in contanti e in azioni, ma molto prudenziale
          rispetto al valore reale di palazzi, negozi, ville, scuole, convitti e
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