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IL GATTO FULVO DI
GUGLIELMO IX
È una storia molto singolare. Un “povero” gatto viene utilizzato da due donzelle
per cercare di smascherare un possibile amante che finge di essere muto. E
soprattutto perché abbiamo a che fare con Guglielmo ix di Aquitania, conte di
Poitiers, un potente feudatario (la madre era figlia del duca di Borgogna e lui aveva
sposato la figlia del conte di Tolosa, Filippa) che partì come crociato per la
Terrasanta e dimostrò più volte di essere un audace cavaliere, oltre che un raffinato
poeta. Fu, infatti, uno dei primi trobador e diede vita a una delle corti più eleganti
d’Occidente. Fece uso della lingua occitana per le sue opere, e i suoi poemi furono
spesso messi in musica.
Ma questa volta Guglielmo IX non ci fa una gran figura: il poeta aveva, infatti, un
debole, le donne e per sedurle era pronto a tutto, fino a identificarsi, in un sua
composizione, con un’audace cavaliere che davanti a due nobili dame fa finta di non
poter parlare pur di giacere con loro. Un racconto dal sapore piccante e dal finale
inaspettato, in cui il principe si scaglia contro le due damigelle che preferiscono la
compagnia di un gatto alle attenzioni di un cavaliere. Travestito da pellegrino, il
nostro “eroe”, sulla via per Compostela, incontra due nobili dame, Agnese e
Ermesent. Le donne gli rivolgono gentilmente la parola, ma l’interpellato non
risponde, sembra non avere la favella.
Allettate dall’occasione, entrambe decidono di offrirgli segreta ospitalità, oltre a
cibi squisiti e al calore della loro dimora, immaginando così di realizzare i loro
progetti amorosi senza che nessuno lo venga mai a sapere.
Ma per avere la prova definitiva del mutismo del pellegrino prendono il loro
gatto fulvo, che incute terrore con la sua sola presenza e che è pronto con i suoi occhi
acuti e con un graffio delle sue unghie aguzze a smascherare chiunque, anche chi fa
finta di non poter emettere un grido o una parola. Vedranno così se tace, o se al
contrario lancia urla di dolore o di spavento:
«Mia cara, se quest’uomo è furbo / E finge di essere muto a causa nostra, / Chiamiamo il nostro gatto fulvo / Che
lo farà parlare subito, / Sul campo, / E vedremo se mente». Madama Agnese andò a prendere l’animale: / Esso era
grande e con dei lunghi baffi, / E io quando lo vidi fra di noi / Ne ebbi un tale spavento / Da perdere ogni forza e
audacia.
GUGLIELMO IX, Poesie
Povero gatto rosso utilizzato solo per smascherare qualcuno che si voleva come
muto amante! Dalle parole del poema si capisce, infatti, che non appena madama
Agnese collocò quel bel gattone fulvo sul letto, il finto pellegrino, eroe sui campi di