Page 102 - 101 storie di gatti
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                             LA “FATA” DEI GATTI





                             Era una ragazza bellissima e viveva a Napoli con la sua famiglia;

          erano benestanti e avevano una bella casa al Vomero. Lei studiava all’università,
          voleva diventare avvocato come suo padre, molto conosciuto e rispettato in città.

          Aveva un fidanzato e molti amici, non le mancava proprio nulla… eppure andava
          sempre per strada ad aiutare i gatti. I suoi familiari erano un po’ infastiditi dal fatto
          che la loro figlia era ormai molto conosciuta come gattara del quartiere: l’unica che
          la assecondava e la aiutava era la mamma, anche lei appassionata di gatti, al punto
          da averne in casa ben otto.
              Un collega avvocato un giorno in tribunale disse al padre: «Stai tranquillo per
          tua figlia, quando farà un bambino non si occuperà più dei gatti per strada». Lei però
          non dava nessun peso né al malessere dei parenti né alle prese in giro dei fratelli e

          degli amici, sapeva che ogni giorno a un orario ben preciso i suoi amici gatti la
          aspettavano giù nel vicolo per essere nutriti e coccolati; le rare volte in cui non
          poteva andare da loro sapeva di poter contare sull’aiuto e sulla solidarietà di sua
          mamma che, come lei, non resisteva all’amore per i gatti. Estate e inverno,
          Capodanno o Ferragosto, i gatti aspettavano alla stessa ora la loro razione di cibo e

          coccole; quest’appuntamento le riempiva il cuore di gioia e la appagava.
              I gatti del vicolo erano un nutrito gruppetto nel quale c’erano molti adulti e
          qualche cucciolo; i cuccioli erano il frutto degli abbandoni estivi e non era facile che
          si integrassero con gli adulti, tutti scrupolosamente sterilizzati. Chi cura una colonia
          felina sa bene che le continue gravidanze fanno soffrire le gatte; che i maschi fertili si
          allontanano dalla colonia rischiando la morte, e la sopravvivenza dei cuccioli per la
          strada non supera il 3 per cento. Nella colonia c’erano sempre a disposizione acqua

          e croccantini, ma verso sera lei arrivava con il latte tiepido e una buona pappa con
          pesce o carne: l’ora della cena di solito è al tramonto, un orario tranquillo anche per
          i gatti che all’imbrunire escono più facilmente allo scoperto, visto che purtroppo non
          tutti li amano e li tollerano vicino ai condomini; più volte lei aveva subìto
          aggressioni verbali e qualche secchiata d’acqua.
              Quando arrivava al vicolo normalmente i gatti erano già lì ad aspettarla seduti

          sul muretto di un cortile e alcuni, i più guardinghi, sotto le auto parcheggiate: lei
          disponeva i piattini e versava il cibo, mentre i gatti mangiavano, cambiava l’acqua,
          metteva il latte per i più piccoli e rimboccava le ciotole di croccantini. Ma quando
          pioveva le cose si complicavano, tutto doveva svolgersi sotto le auto per non far
          bagnare i gatti.
              Quel giorno d’inverno pioveva molto, molto forte, già dall’ora di pranzo lei
          pensava preoccupata all’ora dell’appuntamento con i mici; passò il pomeriggio a
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