Page 684 - Jane Eyre
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pi, i fiumi, le città, gli alberi, le nubi, i raggi del sole sui
paesaggi e di dargli, con la parola quelle impressioni
che gli occhi gli negavano. Non ero mai stanca di leg-
gergli, di condurlo dove voleva, di fare ciò che desidera-
va, e provavo una gioia infinita a rendergli quei servigi,
perché me li chiedeva senza provare vergogna né umi-
liazione.
Mi amava così sinceramente, che non esitava a ricor-
rere a me, ed io lo amavo così teneramente, che, serven-
dolo, appagavo un dolce desiderio.
Erano due anni che ci eravamo sposati; una mattina
scrivevo sotto la sua dettatura una lettera, quando si av-
vicinò e, chinandosi, mi disse:
— Jane, avete forse qualcosa di lucente intorno al
collo?
— Sì, ho una catena d'oro.
— E non avete un vestito celeste pallido?
— L'ho.
Allora mi disse che da qualche tempo aveva creduto
di veder diradare le tenebre che gli coprivano un occhio
e che ora ne era sicuro.
Andammo a Londra, a consultare un oculista eminen-
te e riacquistò la vista da un occhio. Non ci vede bene,
non può lungamente scrivere né leggere, ma può andare
ovunque solo e il cielo non è più nero per lui, né la terra
un deserto. Quando il nostro primogenito gli fu posto fra
le braccia, potè vedere che il piccino aveva i suoi occhi
di un tempo, grandi, brillanti e neri. In quella occasione
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