Page 94 - Pablo Picasso
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novità  un  grande  valore  (ricordiamo,  per  inciso,  che  anche  Vladimir
           Majakovskij parlò della poesia come di una cavalcata nell’ignoto). A

           differenza di Rimbaud, però, «figlio troppo prematuramente spazzato
           via dall’ala della letteratura» (Mallarmé), il cui mondo cadde a pezzi
           non  appena  egli  si  allontanò  dall’arte,  Picasso  incontrò  la  propria

           rivoluzione  dopo  aver  già  vissuto  le  vite  di  molti  artisti,  attraversato
           svariate  fasi  di  crescita,  svariati  periodi  (ragion  per  cui  Apollinaire

           parla di «oblio dopo lo studio»). Inoltre, il linguaggio di Picasso era
           quello delle concrete forme visive, non quello dell’effimero materiale
           del  mondo  che,  pur  altrettanto  reattivo  alle  emozioni  e  ai  significati,

           conduce facilmente nelle sfere della teoria, delle astrazioni puramente
           intellettuali.

              Nel 1918 Apollinaire avrebbe scritto:
              «La  ricerca  formale  ha  ora  assunto  una  grande  importanza.  È

           legittimo. Come potrebbe, una tale ricerca, non interessare il poeta, se
           si considera quanto è feconda? Ciononostante, si ha l’impressione che

           in  questo  periodo  Picasso  meditasse  sull’effetto  creato  dall’influenza
           della  parola  sull’immaginazione:  vedendo  la  realtà  della  lettera  e
           udendo il discorso, il nostro occhio interiore discerne immagini e noi

           proviamo le emozioni da esse create.
              «Tuttavia, se pittura e poesia sono in essenza la stessa cosa, allora gli

           elementi  visuali  mondati  della  loro  ordinaria  descrittività  e  compresi
           nella  loro  forza  suggestiva  sono  in  grado  di  combinarsi  in  metafore

           simili a quelle verbali e di introdurre nella percezione poetica immagini
           nuove  e  sconosciute,  sentimenti  accattivanti,  nuove  scoperte

           intellettuali  e  liriche  insieme.»[61]  Nel  1907,  mentre  era
           apparentemente  impegnato  in  una  ricerca  solo  formale,  Picasso
           continuò a scoprire nel proprio linguaggio sfumature di senso pittorico

           sempre  nuove,  dotate  di  strabiliante  vitalità  e  di  un’essenza  quasi
           psicologica. Il volto dell’Ermitage intitolato Nudo (a mezza figura)  è

           impersonale e schematico come una maschera.
              Eppure, la lieve inclinazione del capo, gli occhi chiusi e altri sottili
           accenni mimetici sembrano alludere a una condizione di lirica rêverie o

           di  sonno  profondo,  mentre  la  pacata  ed  equilibrata  proporzione  tra  i
           toni caldi e lo spessore, la densità dei pigmenti cromatici corrisponde

           alla  “condizione  morale”  del  modello  non  meno  di  quanto  faccia  la
           semplicità geometricamente pura della struttura plastica del dipinto nel

           suo  insieme.  Tra  le  grandi  rivelazioni  pittoriche  del  1907  troviamo,
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