Page 30 - Pablo Picasso
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elettrizzato dallo scintillio delle grazie femminili (si pensi a Forain e

           Toulouse-Lautrec), ma anche la malinconia quotidiana e la nostalgica

           atmosfera  delle  viuzze  della  periferia  urbana,  dove  il  buio  autunnale
           accentua il mesto senso di solitudine (come in Steinlen, che Picasso,
           stando  a  Cirlot,  conobbe  personalmente).  Comunque,  non  fu  per  via

           dell’appello  mistico  di  Zola  (che,  secondo  Anatole  France,  ispirò
           Steinlen) né per una sua inclinazione a stili di vita bizzarri e neppure

           per tendenze satiriche che Picasso inaugurò il suo cosiddetto “periodo
           del Cabaret”. Questo genere di soggetti lo attrasse perché gli offriva la
           possibilità di esprimere l’idea secondo cui la vita è commedia, animata

           dall’impulso  sessuale.  Eppure  il  trattamento  diretto,  espressivo  e
           sobriamente  realistico  di  questi  temi  rimanda  all’ultimo  periodo  di

           Goya (per esempio, a opere come Le fucilazioni del 3 maggio 1808)
           più  che  a  influenze  francesi.  Ciò  vale,  in  particolare,  per  la  tela

           moscovita  dell’Abbraccio  –  culmine  assoluto  del  soggiorno  parigino
           del  1900  –  che  costituisce  senz’altro  uno  dei  capolavori  del  giovane

           Picasso. Dieci anni prima dell’esecuzione di questo dipinto, nel 1890,
           Maurice  Denis  annotò  quello  che  sarebbe  diventato  un  celeberrimo
           aforisma:  «Un  quadro  –  prima  di  essere  un  cavallo,  un  nudo  o  una

           scena  aneddotica  –  è  essenzialmente  una  superficie  piatta  coperta  di
           colori combinati in base a un certo ordine».[21]

              Una  cosa  particolarmente  difficile  da  tenere  a  mente  quando  si
           osserva  l’Abbraccio  di  Picasso,  estraneo  com’è  a  qualsiasi  pre-

           considerazione  estetica,  e  per  come  l’interiore  prevale,  in  esso,
           sull’esteriore. Ciò risulta ancora più impensabile se si considera che, in

           quanto «superficie piatta coperta di colori combinati in base a un certo
           ordine,  quest’opera  è  assai  prossima  alla  sensibilità  dei  Nabis  (non
           tanto  a  Denis,  forse,  quanto  a  Vuillard  e  Bonnard)  con  i  suoi  colori

           smorzati e modesti, le aree di colore profilate, l’atmosfera di intimità.
              Questa  esteriorità  remota,  però,  nasconde  un  pathos  intenso  e  una

           forte  emotività  che,  naturalmente,  non  sono  nabis  e  neppure
           lautrechiane.
              Yakov Tugendhold descrisse la coppia abbracciata come «un soldato

           e una donna», [22] mentre Phoebe Pool li vide come «un operaio e una
           prostituta».[23] Daix interpreta la scena diversamente: «Al ritorno dal

           lavoro, la coppia è ricongiunta, unita da un sincero desiderio, da una
           sana sensualità e dal calore umano».[24]
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