Page 98 - Manuale di autostima
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10.3. Amare te stesso per amare gli altri


      Laura è la segretaria di un grande studio dentistico. Si occupa un po’ di tutto, dal gestire le
      telefonate e gli appuntamenti con i clienti ai rapporti con le ditte che forniscono i materiali

      igienici e la manutenzione dei macchinari. È professionale, ligia al dovere, e perennemente
      preoccupata di fare bella figura.  Se  dovessero  istituire  il  premio  annuale  per  la  migliore
      segretaria di studio dentistico (e, immagino, di studio medico in generale) lo vincerebbe a
      pieno titolo.

      È a tal punto dedita al suo lavoro da presentarsi anche quando sta male. Sarebbe in grado di
      andare con una caviglia rotta, l’appendice perforata o durante il proprio travaglio, se questo
      potesse farle guadagnare punti con i medici dello studio e i suoi colleghi.
      Nello specifico, la mattina di cui parleremo, Laura si è svegliata con un incredibile mal di
      testa.  In  realtà,  qualche  settimana  prima  ha  avuto  un’otite  molto  forte,  che  le  ha  lasciato
      qualche  strascico  di  dolore  all’orecchio  sinistro  e  un  fastidiosissimo  fischio,  oltre  che,
      appunto, un mal di testa insistente. Chiunque altro, o quasi chiunque altro, in una condizione
      simile, avrebbe chiamato a lavoro, si sarebbe scusato molto ma avrebbe spiegato che stava

      male, che non era il caso che si presentasse quel giorno e che sperava che se la sarebbero
      cavati anche senza di lei.
      Ma Laura no, lei è dedita fino in fondo. Quindi, si prepara, si veste, prende la sua borsa,
      stringe i denti e parte per lo studio medico. Sarà la mattinata peggiore della sua vita: il fischio
      continuo  all’orecchio,  oltre  che  essere  insopportabile,  le  impedisce  di  concentrarsi  sulle

      richieste dei colleghi o sulle telefonate dei pazienti, per non parlare dei continui spostamenti
      di appuntamenti. Quando, poi, iniziano ad arrivare le richieste per gli ordini di medicinali dai
      nomi improbabili, è come andare a fare una passeggiata all’inferno.
      «Laura? Laura?» l’assistente alla poltrona sembra preoccupata.
      «Dimmi»  risponde  Laura,  pregando  che  non  sia  un’altra  richiesta  per  spostare  un
      appuntamento.

      «È ora di pranzo, cara».
      «Oh, non me n’ero accorta».
      «Sei sicura di stare bene?»
      «Ma sì, certo» risponde Laura, sapendo di mentire.
      «Sembri molto pallida…» prova a farla ragionare la ragazza «Sei  sicura  di  non  volere

      tornare a casa?».
      «Ma certo che no! Come fareste voi, altrimenti?».
      «Beh, mancano solo un paio di appuntamenti di oggi pomeriggio, io credo che ce la potremmo
      fare…».
      Questo è troppo. Laura non può accettare di sentirsi dire che possono fare a meno di lei,

      anche se per solo due ore e mezza.
      «Non  se  ne  parla  neanche!»  esclama  «Chi  farebbe  le  telefonate?  Chi  prenderebbe  gli
      appuntamenti? Come credi che sia andato avanti, questo studio, stamattina?».
      «Laura» all’assistente di poltrona sembra di spiegare una cosa molto semplice ad un bambino
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