Page 5 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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2. I segni dunque di una «voglia di mafia» come hanno scritto di
recente due attenti osservatori della Sicilia contemporanea come i
giornalisti Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, sono ormai sotto gli occhi di
tutti quelli che non vogliono distogliere lo sguardo.
Nello stesso tempo l'evoluzione di Cosa nostra verso una sorta di
finanziarizzazione parziale che la rende ancora più penetrante e pericolosa
è stata analizzata con precisione da un magistrato esperto come
Gioacchino Natoli e da un politico pugliese attento come Giovanni Di Cagno
in un saggio che conferma le caratteristiche già individuate dai giornalisti
siciliani appena citati.
A queste analisi recenti si aggiunge ora il libro - ricco di osservazioni e
di episodi interessanti - di Francesco Forgione, che ha dedicato
un'attenzione particolare e inedita al sistema di potere della Regione
siciliana, al presidente della giunta Totò Cuffaro, ex assessore
all'Agricoltura dei governi siciliani di centrosinistra negli anni '90, passato
successivamente al centrodestra con l'Unione di centro che ha sconfitto
nettamente il candidato del centrosinistra Leoluca Orlando, ex sindaco di
Palermo.
Forgione, che è capogruppo di Rifondazione comunista nell'Assemblea
regionale, ricostruisce anzitutto il succedersi delle stagioni negli ultimi dieci
anni in Sicilia e le ragioni del fallimento della primavera siciliana di cui
Orlando è stato, nella prima parte degli anni '90, il protagonista indiscusso.
Quindi spiega i meccanismi che fanno della Regione siciliana il
principale datore di lavoro nell'isola e il centro di ogni affare di qualche
rilievo e introduce il personaggio principale del suo saggio: l'attuale
presidente della regione, Totò Cuffaro, coinvolto dal giugno 2003 nelle
indagini della Procura di Palermo su un gigantesco sistema clientelare
mafioso che sembra aver al centro proprio l'esponente cattolico e il partito
che nelle ultime elezioni ha ottenuto il venti per cento dei voti all'interno
della Casa delle libertà.
Risultato anomalo di un piccolo partito che, a livello nazionale, si ferma
intorno a percentuali di una sola cifra e conta non molto all'interno della
coalizione di centrodestra. Ma la Sicilia, spiega l'autore con pagine molto
documentate ed efficaci, risponde a logiche che, in un certo senso,
radicalizzano ed estremizzano quelle nazionali: del resto, soltanto nell'isola
l'opposizione è stata ridotta ai minimi termini, totalizzando un risultato
addirittura nullo nelle elezioni politiche nazionali (nessun seggio dei 61
disponibili con il sistema maggioritario è andato al centrosinistra) e in
quelle regionali, dove il distacco tra l'una e l'altra coalizione supera i trenta
punti.
Il credito raccolto dai partiti di centrosinistra nei primi anni '90 si è