Page 173 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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RANDAGIO
Dopo l’abbandono dell’università comincia per
Nietzsche una vita errabonda, un deambulare nevrotico
fra stazioni climatiche, paesini di montagna, luoghi di
mare e di lago, cittadine termali, Recoaro, Riva del
Garda, Stresa, Saint-Moritz, Coira, Cannobio, Menag-
gio, alla perenne ricerca della salute, sempre sperando e
illudendosi, all’inizio di ogni soggiorno, di averla ritro-
vata e rimanendone regolarmente e ferocemente disin-
gannato. Finì per trovare un precario equilibrio in una
sorta di pendolarismo, d’estate a Sils-Maria, in Engadi-
na, d’inverno sulla Riviera, Genova o Nizza, con punta-
te, nelle stagioni intermedie, in altri posti della Svizzera
e della Germania, muovendosi però in un perimetro
ristretto. Delle grandi città visitò solo Roma, non fu mai
a Monaco, a Vienna, a Parigi, a Londra, anche se favo-
leggiò sempre viaggi per lui diventati impossibili. Il
vero, unico, viaggio che compì fu intorno a se stesso.
Si spostava da solo e la sua unica proprietà erano i
vestiti che portava addosso, o poco più, e un tozzo baule
di legno, soprannominato “piede deforme”, in cui tene-
va i libri, che lo seguiva di luogo in luogo. Viveva in
piccole camere d’affitto, spesso male o per nulla riscal-
date, o in stanze d’albergo, si cucinava da sé o mangiava
da solo, appartato, nel ristorante dell’hotel una mezz’ora
prima degli altri. Nacque allora la figura, che divenne
poi leggenda e quasi un’attrattiva turistica, di un profes-
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