Page 18 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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IL SUO TEMPO
on esiste un luogo dove nasce la nuova scienza – diceva Paolo Rossi, il grande
N storico delle idee – perché quel luogo è, semplicemente, l’Europa. E il fatto che i
grandi protagonisti della “rivoluzione scientifica” del Seicento – il tedesco Johannes
Kepler, l’italiano Galileo Galilei e il francese René Descartes, cui aggiungeremmo
l’inglese Francis Bacon anche se non è, in senso stretto, uno scienziato – siano tutti di
Paesi diversi corrobora l’osservazione di Rossi.
In effetti, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo nasce in Europa una comunità
transnazionale che ha una lingua (il latino) e, soprattutto, una griglia di valori in
comune. È, appunto, la comunità scientifica, che ha come obiettivo la ricerca delle leggi
della natura, come metodo quello quantitativo e come mezzo la trasparenza: il
“comunicare tutto a tutti”.
È, dunque, in questo periodo di circa settant’anni – tra il 1570 e il 1640 –
che si consuma il passaggio tra la “scienza visuale” del Rinascimento e la
nuova “scienza sperimentale”.
Questo passaggio è drastico, netto, decisivo. E non a caso viene identificato da molti
storici (ma non da tutti) come una “rivoluzione”. Tuttavia la “rivoluzione scientifica”
non è un passaggio privo di contraddizioni. E nulla più della vicenda personale di uno
dei suoi protagonisti, Keplero, è la vivida testimonianza di un ambiente culturale che
coinvolge l’intera Europa, ma in cui il vecchio non è ancora del tutto tramontato e il
nuovo non è ancora definitivamente arrivato.
È un ambiente culturale in cui, per parafrasare il filosofo della scienza Alexandre
Koyré, il mondo del pressappoco convive con l’universo della precisione, i maghi con
gli scienziati, la filosofia in libris con quella sperimentale, la Riforma religiosa con la
Controriforma.
Ancora a fine Cinquecento, l’astronomo danese Tycho Brahe studia il passaggio di
due comete, arrivando a concludere, in contrasto con tutta la tradizione scientifica che
all’epoca si basava ancora sulla concezione aristotelica, che l’universo non sia
immutabile, e quindi che i corpi celesti non siano infissi in esso. Assistente di Brahe è
proprio Keplero, che nel primo decennio del Seicento scopre le tre leggi destinate a
rivoluzionare l’astronomia. Con Keplero nasce la meccanica celeste, una nuova scienza
basata sull’“evidenza sensibile” dei dati.