Page 287 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     Giulio II (1503-1513)












                                         Il  terzo  papa  ligure:  Giuliano  della
                Rovere,  nipote  di  Sisto  IV.  Non  un  papa,  ma  un  condottiero!
                Prese  il  nome  di  Giulio  in  omaggio  a  Giulio  Cesare  e,
                indubbiamente, preferiva l’elmo alla tiara. Sognò di diventare il
                re  d’Italia e tutta la sua politica fu imbastita intorno  a  questo
                progetto: fece e disfece alleanze, umiliò Venezia con la Lega di
                Cambrai, poi si scontrò con il suo alleato, il re di Francia Luigi
                XII, per il dominio sull’Italia e contro di lui proclamò la Lega
                Santa! Com’era stupendo nella sua armatura d’argento, mentre
                cavalcava instancabile su e giù per l’Italia, tra i vessilli del suo
                esercito,  circondato  dai  mercenari svizzeri  che aveva  reclutato
                come sua guardia personale! Fin dall'inizio del suo pontificato
                agì  con  coraggio,  determinazione  e  lucidità.  Nessun  potere
                poteva  oscurare  l’autorità  del  papa!  Prima  di  morire  indicò
                come  suo  successore  il  suo  migliore  amico  e  consigliere,  un
                ligure,  per  giunta  marchese  di  Finale:  Carlo  Domenico  Del
                Carretto, l’artefice della straordinaria chiesa di Saliceto, dov’è
                custodito  il  grande  segreto  dei  Templari.  Il  conto  torna,  ma  il
                progetto fallì per tre concause: l’assenza al conclave del 1513
                dei cardinali francesi, scomunicati nel corso della guerra della
                Lega  Santa;  l’ostilità  dell’imperatore  che  temeva  un’eccessiva
                presenza francese in Italia, il denaro profuso in grande quantità
                dal figlio di Lorenzo il Magnifico, con il quale comprò molti voti
                cardinalizi.

                   A questo punto il Priorato di Sion tornò nell’ombra: il grande
                disegno, come ai tempi dei Templari, era fallito. Con l’inetto e
                scialacquone  Leone  X  sul  soglio  di  Pietro  il  Rinascimento  si
                spense, venne l’ora fatidica di Martin Lutero: Roma, capitale del
                mondo, si ridusse a splendida città di provincia.



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