Page 284 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                       La  nicchia  esoterica  di  cui  si  è  accennato  all’inizio  di
                questo  capitolo;  probabilmente  murata  nel  1345  o  l’anno
                successivo, nell’ora della damnatio Templarorum, con il grande
                affresco sullo sfondo scalpellato…

                      Quattro  papi  rinascimentali,  se  non  furono  loro  stessi
                “grandi maestri del Priorato”, erano sicuramente a conoscenza
                del mistero custodito a Saliceto:

                     Pio II (1458-1464)












                                     Ai  tempi  del  concilio  di  Costanza  Enea
                Silvio  Piccolomini  intraprese  una  missione  segreta  in  Scozia,
                come cancelliere del cardinale Albergati. All’epoca, non ancora
                iniziato  alla  carriera  ecclesiastica,  aveva  fama  di  geniale
                letterato, gran donnaiolo e assiduo frequentatore di bordelli. Il
                licenzioso romanzo d’amore “Lucrezia ed Eurialo”, scritto nel
                1444,  gli  valse  la  prestigiosa  “corona  dei  poeti”:  un
                riconoscimento  importante,  assegnatogli  personalmente  da
                Federico III, imperatore del Sacro Romano Impero. La “corona
                dei poeti” gli fruttò la nomina a primo cancelliere imperiale. In
                Scozia, dove prosperavano le più antiche logge dei Freemason,
                avvenne la sua metamorfosi. Chi incontrò e cosa fece in quella
                terra  remota  non  è  dato  saperlo.  Dalla  Scozia  Enea  Silvio
                Piccolomini  tornò  trasformato,  esperto  in  alchimia.  Fu  allora
                che acquisì grandi meriti presso la Curia romana per il lavoro
                sotterraneo che indusse l’imperatore del Sacro Romano Impero,
                presso  il  quale  riscuoteva  un  indubbio  credito,  al  “salto  della
                quaglia”,  noto  all’epoca  “come  il  salto  della  capra”:
                l’imperatore  passò  infatti  da  posizioni  conciliari  a  simpatie
                papali.  Un  merito  che  fu  riconosciuto  personalmente  da  papa
                Niccolò V e gli valse la nomina a vescovo di Trieste. Purtroppo
                Pio  II  fallì  nell’impresa,  la  principale  del  suo  pontificato,  di
                strappare  al  Turco  l’antica  capitale  di  Costantinopoli,  che

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