Page 61 - Avarizia
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Sacri affari
O esecranda fame dell’oro, cosa non costringi il cuore
dei mortali a compiere?
VIRGILIO, ENEIDE
C’è un altro documento della defunta prefettura degli Affari
economici, sorta di Corte dei Conti d’Oltretevere che fino al 2015 –
prima di essere sostituita dalla nuova segreteria per l’Economia – ha
controllato la gestione finanziaria del Vaticano, che fotografa le altre
ricchezze controllate direttamente dalla Santa Sede. Si chiama
Administrationes quae a Sancta Sede Pendent, un documento del
2013 che fotografa tutte le entrate e le uscite degli uffici del
governatorato, della curia romana, delle fondazioni religiose e dei
fondi ecclesiastici. Duecentoquattro pagine che disegnano una
holding che spazia dal business del turismo alla numismatica, dai
negozi dentro le mura alla farmacia, dal commercio della benzina
all’annona. Tutto questo ogni anno fa incassare centinaia di milioni
di euro, gestiti ancora oggi da vescovi e monsignori protagonisti in
passato di polemiche e scandali.
Partiamo dai Musei Vaticani. Leggendo le cifre dei bilanci della
direzione musei, negli ultimi anni i ricavi sono passati dai 66 milioni
del 2011 agli oltre 90 attuali, con un utile netto di 58 milioni: se i
turisti arrivano a frotte (oltre cinque milioni nel 2014, ormai le sale
d’Oltretevere con i capolavori collezionati nei secoli dai papi sono
entrate tra i primi dieci musei più visitati del mondo) le spese di
gestione sono rimaste identiche. Una nota della Cosea spiega, poi,
che i biglietti d’ingresso valgono l’84 per cento degli incassi, ma
parecchi milioncini il governatorato li guadagna anche con il
catering, i bar, con i souvenir – tipo la Pietà di Michelangelo in
miniatura – il bookshop e il servizio guide.
Monsignor Paolo Nicolini, capo del settore amministrativo-
gestionale, è il gran visir del business museale. Sconosciuto ai più,