Page 123 - Avarizia
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Sua Sanità
Non è possibile che un monaco, qualora, per aver
ceduto al desiderio di un po’ di denaro, abbia una
volta accolto nel proprio animo quel primo germe,
non si senta preso assai presto dalla fiamma di un
desiderio anche maggiore.
SAN GIOVANNI CASSIANO,
INSTITUTIONES COENOBITICAE
La finanza vaticana funziona esattamente come una merchant
bank e fa affari – da sempre – diversificando i suoi interessi. I core
business principali sono il mattone e gli investimenti finanziari in
giro per il mondo, ma una posizione dominante ce l’ha pure
l’industria della sanità: da decenni una delle attività più redditizie
della Santa Sede. Al netto delle decine di case di cura e cliniche
delle congregazioni e delle diocesi, il palazzo apostolico oggi
controlla direttamente o indirettamente quattro grandi ospedali, tre
a Roma e uno in Puglia: il Bambin Gesù, l’Istituto dermopatico
dell’Immacolata (Idi), il Gemelli e la Casa sollievo della sofferenza a
San Giovanni Rotondo.
Finora dei quattro nosocomi non si conoscevano ricchezze e
patrimoni. Né, a parte l’Idi, le strutture vaticane sono mai finite
dentro scandali che ne hanno minato il buon nome. Al tempo di papa
Benedetto XVI i policlinici di Dio balzarono in prima pagina perché
protagonisti del sogno del cardinal Tarcisio Bertone, che desiderava
dar vita, d’accordo con il suo amico e manager Giuseppe Profiti, a
un unico polo sanitario vaticano. Un’ipotesi che nacque
contestualmente al fallimento della fondazione Monte Tabor che
controllava il San Raffaele di Milano, il grande ospedale lombardo
fondato da don Luigi Verzé nel 1958 finito quasi sessant’anni dopo
sull’orlo del dissesto a causa di operazioni truffaldine compiute su
appalti e spese pazze effettuate da don Verzé e dai suoi stretti
collaboratori tra il 2005 e il 2011.