Page 6 - Minerva oscura
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gione dell'Universo Dantesco, stava per svelarsi tutta! E così con-
           cludevo, nel nostro Convito, con parlare della gloria che da ricer-
           ca e scoperta tanto importante doveva derivarmi.
              Non sono da allora passati due anni, e, mentre la fede nei miei
           argomenti si è assodata per sempre, è svanito dal mio cuore ogni
           desiderio di gloria e di gloriola. Se vanità è la vita, la gloria è
           l'ombra gettata da quella vanità. Cancelliamo dunque quelle su-
           perbe parole! Mi perdoni chiunque ne sia rimasto scandalizzato!
           Oh! se la gloria è ombra di vanità, se è vaporazione di nulla, non
           è però così vana e nulla cosa il desiderio di essa. È un desiderio di
           sopraffare, è un desiderio di deprimere e di avvilire altrui. Via dal
           cuore così perverso fermento!
              E il perverso fermento se ne è andato, e non c'è più dentro me
           se non una grande aspirazione a contemplare e ad amare. Sì che
           ora mi giova credere che anche in questa povera opera mia io non
           abbia fatto se non contemplare, con nessun altro fine se non que-
           sto di contemplare. Nè alcun altro frutto me ne venga, se non que-
           st'uno, d'essere amato da chi contemplò, con me, il  miro gurge
           Dantesco; e, se non da alcun altro, da lei, grande e buono onore e
           presidio mio; da lei che conosce Dante, come pochi altri; da lei
           che ne scrive con tanta profondità di pensiero e tanta dignità di
           stile; da lei che, tra le cure assidue e severe del suo alto uffizio, ne
           prende il coraggio del bene e l'inspirazione del vero; da lei, infi-
           ne, che ama Dante e ama (come è difficile, eppur dolce a dire!)
           ama ancora questo minimo interprete di lui; come a dire, la stella
           che riluce nel cielo, e la stilla, pendula e caduca, che di quaggiù la
           riflette.
              Mi ama, illustre senatore, e io l'amo; e perciò dedico a lei que-
           sti Prolegomeni; non senza pensare che così io vengo a fare atto
           di omaggio anche alla forte terra di Romagna, che fu madre ad
           ambedue noi, e della quale Ella attesta la sanità e la genialità, la
           fortezza e la gentilezza, con la virtù sua antica; a quella forte terra
           che ospitò le grandi memorie e le grandi sventure, l'Impero e



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