Page 88 - Lezioni di Letteratura Italiana
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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    Vita Nuova pone sotto alla canzone (fine cap. 19°, (vedi pag. 43.)) «dico
                    bene, che a più aprire lo 'ntendimento di questa canzone si converrebbe
                    usare di più minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno,
                    che per queste che sono fatte la possa intendere, a me non dispiace se la
                    mi lascia stare: ché certo io temo d’avere a troppi comunicato lo suo in-
                    tendimento, pur per queste divisioni che fatte sono, s’elli avvenisse che
                    molti lo potessero udire.» Qui Dante pensava forse alle famose marghe-
                    rite (neque mittatis margheritas ante porcos)
                    Ho detto, a guisa di preambolo, che la materia del parlare, che non può
                    essere che la loda di questa gentilissima, si deve prendere come poesia
                    filosofica con intendimenti profondi.
                    La prova la dà Dante stesso, in modo che non può essere contestata, nella
                     a
                    2  stanza della canzone in cui svolge l’alta questione teologica della Spe-
                    ranza che non è né in Cielo né nell’Inferno, ma in terra, e la personifica
                    in questa Beatrice, che è come la figura della redenzione di Dante: è la
                    Sapienza incarnata.
                          Al capitolo 25° della Vita Nuova, il poeta parla del modo che
                    tengono i poeti grandi, regolari (antichi in una parola) a confronto
                    dei rimatori del giorno d’oggi (giorno di D. s’intende). Dante a pro-
                    posito della personificazione d’amore nel sonetto che precede il ca-
                    pitolo XX fa questa disquisizione. Egli dice che:  «… Amore non è
                    per sé sì come sustanzia ma è uno accidente in sustanzia.» (sostan-
                    za è la persona innamorata, è una modificazione dell’essere): Egli di-
                    fende questa sua personificazione facendone tutta la teorica. (cap.
                    25°, dal principio). Poi seguita spiegando: «…. prima è da [in] inten-
                    dere, che anticamente non erano dicitori d’amore in lingua volga-
                    re, anzi erano dicitori d’Amore certi poeti in lingua latina: tra noi,
                    dico, avvegna forse che tra altra gente addivenisse e addivegna anco-
                    ra sì come in Grecia, non volgari, ma litterati poeti queste cose trat-
                    tavano. E non è molto numero d’anni passato, che apparivano prima
                    questi poeti volgari; ché dire per rima in volgare tanto è quanto dire
                    per versi in latino, secondo alcuna proporzione. E segno che sia pic-

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