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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    re. Questo D. lo sapeva, come la sa chiunque butti gli occhi in una qua-
                    lunque Summa, tutti lo sanno fuori che i commentatori di D.. Dante lo
                    ha detto tre o quattro volte; lo fa dire da S. Bernardo alla Vergine: – Qui
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                    sei a noi meridiana face – Di caritate … – (3  - 33° - 10-11). S. Tommaso
                    pure dice: – La fede e la speranza in Paradiso e nell’Inferno evacuantur
                    (si fanno vane). – … Che di madonna intende: – Frase variamente inte-
                    sa; io spiegherei: il cui pensiero rivolge a B. (madonna). – Diletti miei
                    – (gli angeli). – Che vostra speme fia ecc. (lasciate che la vostra speran-
                    za sia in terra – perché è virtù che non ci deve essere in Cielo: infatti –
                    quis videt quid sperat (chi vede, che bisogno ha di sperare?) Notate qui,
                    in questo passo, la somiglianza della verginetta fiorentina alla madon-
                    na. Notate ancora che sono molto significativi questi presentimenti di
                    morte, ma non bisogna esagerare. D. vuol dire, più che perder B., che
                    temeva perdere la speranza tenuta in terra da questa fanciulla. Bisogna
                    ricordare che D., esaminato in Paradiso dai tre apostoli S. Pietro (Fede),
                    S. Giacomo (Speranza) e S. Giovanni (Carità), quando è la volta di S.
                    Giacomo ode dire da B.: – nessuno ha mai avuto più speranza di costui
                    – Leggano il primo canto dell’Inferno: è tutto un aggirarsi sulla paro-
                    la Speranza. Quando D. è in faccia a B. che lo rimprovera, a un tratto
                    gli angeli cantano: – In te, domine, speravi. – B. viene a equivalere alla
                    sua vicina Rachele definita nella fonte agostiniana: – Spes aeternae con-
                    templationis – Sono coincidenze che danno a me la certezza. Questa
                    spes è, secondo i cristiani, la nostra umana sapienza, la quale sapienza si
                    riduce allo sperare in un’altra vita, ché la vita presente non ha nulla di
                    desiderabile: Essa è il sabato. – Io vidi la speranza de’ beati: – Io vidi la
                    speranza che s’appartiene ai beati, ma che è una virtù che Dio lascia in
                    terra. Questa interpretazione che loro non troveranno in nessun libro, è
                    certa per la ragione che nella Summa di S. Tommaso (collezione di que-
                    siti teologici ) ci sono due questioni, l’una dopo l’altra, in cui si dimo-
                    stra che la Speranza non è né nei beati né nei dannati; come è possibile
                    ciò? Curiosa coincidenza. – Io vidi la speranza de’beati. – Significa: Io
                    sono stato salvato per opera della Speranza. Anche qui bisogna ricorda-
                    re il passo di S. Paolo in cui si fonda questa dottrina: – Spes quae vide-
                    tur non est spes. – (La speranza che si vede non è speranza). Spe autem
                    salvi facti sumus. (Dalla Speranza siamo stati fatti salvi). In queste due
                    questioni della Summa si dimostra che né i beati né i dannati hanno la
                    speranza. Come ciò? I beati non sperano forse la nostra beatitudine?
                    Sperano sì, ma non in virtù della virtù della speranza, ma in virtù della
                    Carità. Sarà un bisticcio ma non è né mio né di Dante. Questa è la pri-
                    ma canzone del dolce stilnuovo.


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