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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    parole, senza aver fama di affettazione. – A proposito della parola di-
                    ventavate: –
                          – Un difetto della lingua italiana è quello di spo-
                    stare troppo gli accenti sulle terminazioni e di far spari-
                    re dal nostro orecchio quello che è più vero e vitale: la radicale.
                    Si raccomanda all’oratore di picchiare forte sulle terminazioni altri-
                    menti l’uditorio non capisce. – Invece, sui radicali si dovrebbe consi-
                    gliare di battere: più si scorcia l’accento e il mezzo accento del radicale,
                    più si sente, e meglio, il radicale: così si fa eràmo e non eravámo. Spen-
                    cer, filosofo un po’ fuori di moda ai nostri giorni, (si fa un idolo e poi si
                    butta giù) analizza la lingua inglese sotto diversi aspetti, e dice che se si
                    colorisce coll’ accento le sillabe radicali, si fa sí che il nostro cervello ab-
                    bia la percezione col minimo sforzo, perciò viene al risultato che nella
                    lingua inglese le parole corte sono le più politiche, e combinate insieme
                    servono a render meglio il concetto che lo scrittore vuol rappresentare.
                    Infatti le parole inglesi sono quasi monosillabiche, le norman-
                    ne invece, quelle venute dal francese hanno un strascico troppo lun-
                    go e sono perciò impolitiche. Più sono brevi le parole, anche in
                    italiano, meglio sono adatte ai fini dello scrittore, fanno più rapi-
                    da l’impressione poi; l’accento è quasi sempre sulla radicale. – E
                    questo potrebbe essere oggetto di studio, quando leggono uno scrit-
                    tore. I versi più belli[;] (di qualsiasi misura essi siano), p.e. del Pe-
                    trarca insigne artefice di versi, sono quelli formati di due o tutt’al
                    più di tre sillabe. La letteratura italiana ha certo bisogno di sveltirsi.
                          Con tutto l’eccesso, c’è sempre uno studio notevole, che mette
                    questo giovane maestro, del Manzoni. In un pensiero del Leopardi tutte
                    queste ripetizioni e sinonimi starebbero male; ma il signore ha fatto un
                    discorso e quello che non è buono per un pensiero può essere buono per
                    un discorso. Una di quelle cose che fanno più effetto, e a ciò vuol giunge-
                    re lo scrittore, è precisamente la ripetizione o anafora (accavallamento).
                    L’anafora si ha quando si principiano versi o incisi con la medesima paro-



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