Page 58 - Lezioni di Letteratura Italiana
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LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
parole, senza aver fama di affettazione. – A proposito della parola di-
ventavate: –
– Un difetto della lingua italiana è quello di spo-
stare troppo gli accenti sulle terminazioni e di far spari-
re dal nostro orecchio quello che è più vero e vitale: la radicale.
Si raccomanda all’oratore di picchiare forte sulle terminazioni altri-
menti l’uditorio non capisce. – Invece, sui radicali si dovrebbe consi-
gliare di battere: più si scorcia l’accento e il mezzo accento del radicale,
più si sente, e meglio, il radicale: così si fa eràmo e non eravámo. Spen-
cer, filosofo un po’ fuori di moda ai nostri giorni, (si fa un idolo e poi si
butta giù) analizza la lingua inglese sotto diversi aspetti, e dice che se si
colorisce coll’ accento le sillabe radicali, si fa sí che il nostro cervello ab-
bia la percezione col minimo sforzo, perciò viene al risultato che nella
lingua inglese le parole corte sono le più politiche, e combinate insieme
servono a render meglio il concetto che lo scrittore vuol rappresentare.
Infatti le parole inglesi sono quasi monosillabiche, le norman-
ne invece, quelle venute dal francese hanno un strascico troppo lun-
go e sono perciò impolitiche. Più sono brevi le parole, anche in
italiano, meglio sono adatte ai fini dello scrittore, fanno più rapi-
da l’impressione poi; l’accento è quasi sempre sulla radicale. – E
questo potrebbe essere oggetto di studio, quando leggono uno scrit-
tore. I versi più belli[;] (di qualsiasi misura essi siano), p.e. del Pe-
trarca insigne artefice di versi, sono quelli formati di due o tutt’al
più di tre sillabe. La letteratura italiana ha certo bisogno di sveltirsi.
Con tutto l’eccesso, c’è sempre uno studio notevole, che mette
questo giovane maestro, del Manzoni. In un pensiero del Leopardi tutte
queste ripetizioni e sinonimi starebbero male; ma il signore ha fatto un
discorso e quello che non è buono per un pensiero può essere buono per
un discorso. Una di quelle cose che fanno più effetto, e a ciò vuol giunge-
re lo scrittore, è precisamente la ripetizione o anafora (accavallamento).
L’anafora si ha quando si principiano versi o incisi con la medesima paro-
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