Page 56 - Lezioni di Letteratura Italiana
P. 56
LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
striglia. Non è vero. Tutt’ al più lo scrittore deve contentarsi di quella
leggiera meraviglia, presto estinta, che si ha quando si sente dire, da una
cosa, che si credeva facile a dirsi. Il poeta deve scoprire qualche cosa che
è in noi e non frugare gli abissi. Veramente ciò è facile: basta descrivere
animali non mai veduti, dei paesi impossibili, dei sentimenti che non
esistono nel nostro cuore, di enorme crudeltà e di tenerezza squarquoia.
Bisogna star nella natura, esser noi: non è fine la meraviglia, ma la per-
suasione e la commozione. Qui i tre quarti delle parole, usate per sati-
reggiare gli arcadi, sono inutili, e sono messe per far colpo (intendi: inu-
tili per gli arcadi, necessari, però, allo scrittore che li mette in ridicolo).
Vediamo lo scrittore in un altro genere, non satirico.
– Ai miei bimbi il primo giorno di scuola. –
Invece del generico uccellino meglio era un nome, p.e. passerot-
to. Questo paragone – l’ uccellino che nasconde il capo sotto l’a-
la – qualcuno lo chiamerebbe arcadico, ma non è giusto; è il parti-
colare senza cui non c’è verità, non c’è poesia, non c’è arte, non c’è
scritto. Io parlo per ver dire, non per difendere me che sono imputa-
to di questo delitto. La letteratura italiana ha peccato, fino ai nostri
giorni, di questo vizio di non scendere ai particolari. Già dissi che il
Ranalli imputava al Manzoni di far troppi particolari. Certo per chi
fa orazione politica in Parlamento, l’ uccellino, che mette la testa
sotto l’ala non c’entra. I ragazzi, che hanno veduto questa cosa, cer-
to e sentito il pi.pi dell’uccellino, lo ritrovano e i loro occhi si allar-
gano di meraviglia. La meraviglia dannosa in arte è quella che fa dire:
– E come può essere? – Ci vuol poco a far meravigliar con le bugie! –
– Voi vi nascondevi – (messo a posta, invece di nascondeva-
te). Riguardo a questo idiotismo non saprei che pensare. Ai no-
stri giorni queste toscanizzate non possono piacere e fan[n]o
gridare all’affettazione, specie quando nel discorso non sem-
pre tutto è toscano. Certo è che se la toscanità di queste forme
si propagherà e diventerà naturale, le si potranno scrivere queste
27.
73