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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    striglia. Non è vero. Tutt’ al più lo scrittore deve contentarsi di quella
                    leggiera meraviglia, presto estinta, che si ha quando si sente dire, da una
                    cosa, che si credeva facile a dirsi. Il poeta deve scoprire qualche cosa che
                    è in noi e non frugare gli abissi. Veramente ciò è facile: basta descrivere
                    animali non mai veduti, dei paesi impossibili, dei sentimenti che non
                    esistono nel nostro cuore, di enorme crudeltà e di tenerezza squarquoia.
                    Bisogna star nella natura, esser noi: non è fine la meraviglia, ma la per-
                    suasione e la commozione. Qui i tre quarti delle parole, usate per sati-
                    reggiare gli arcadi, sono inutili, e sono messe per far colpo (intendi: inu-
                    tili per gli arcadi, necessari, però, allo scrittore che li mette in ridicolo).
                          Vediamo lo scrittore in un altro genere, non satirico.
                    – Ai miei bimbi il primo giorno di scuola. –
                    Invece del  generico  uccellino meglio era  un nome, p.e.  passerot-
                    to. Questo paragone – l’ uccellino che nasconde il capo sotto l’a-
                    la – qualcuno lo chiamerebbe arcadico, ma non è giusto; è il parti-
                    colare senza cui non c’è verità, non c’è poesia, non c’è arte, non c’è
                    scritto. Io parlo per ver dire, non per difendere me che sono imputa-
                    to di questo delitto. La letteratura italiana ha peccato, fino ai nostri
                    giorni, di questo vizio di non scendere ai particolari. Già dissi che il
                    Ranalli imputava al Manzoni di far troppi particolari. Certo per chi
                    fa orazione politica in Parlamento, l’ uccellino, che mette la testa
                    sotto l’ala non c’entra. I ragazzi, che hanno veduto questa cosa, cer-
                    to e sentito il pi.pi dell’uccellino, lo ritrovano e i loro occhi si allar-
                    gano di meraviglia. La meraviglia dannosa in arte è quella che fa dire:
                    – E come può essere? – Ci vuol poco a far meravigliar con le bugie! –
                    –  Voi vi nascondevi – (messo a posta, invece di nascondeva-
                    te). Riguardo a questo idiotismo non saprei che pensare. Ai no-
                    stri giorni queste toscanizzate non possono piacere e fan[n]o
                    gridare all’affettazione, specie quando nel discorso non sem-
                    pre tutto è toscano. Certo è che se la toscanità di queste forme
                    si propagherà e diventerà naturale, le si potranno scrivere queste



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