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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    to.» Tutti questi passi trovano il riscontro in poesie provenzali; di mo-
                    do che si vede che i poeti provenzaleggianti le avevano o nell’orec-
                    chio o addirittura sul tavolo, quando poetavano. Insomma doman-
                    davano questi poeti, l’amore è un essere reale all’infuori di noi o è
                    un sentimento nostro? Si risponde variamente; ma bisogna dire che
                    ci sono stati rimatori di buon senso che hanno risposto che l’amore
                    è un sentimento che è in noi. Piuttosto male lo dicono; ma ciò non
                    importa. Matteo Ricco dice: «L’amor non prende visibolemente – Ma
                    par che nasca natoralemente.» - Iacopo Mostacci dice risolutamente che
                    amore non è niente per se stesso (non per sé mi pare) Non è nemme-
                    no qualche cosa di distaccato e neppure un Dio. Qui è la mitologia
                    antica la quale tenta farsi strada; ma i poeti, da buoni cristiani, la
                    rigettano. Un sonetto di Iacopo da Lentini biasima i poeti che de-
                    signano amore come un Dio. – La canzone di G. G. tratta dell’es-
                    senza d’amore e, per questo rispetto, non si discosta troppo dai pro-
                    venzaleggianti. Procede in questa canzone per via di paragoni, come
                         ti
                    i prov  solo è originale nel modo, nella misura e nel genere di essi. I
                    provenzaleggianti avevano molti paragoni tutti cristallizzati; non ave-
                    vano che da scegliere qua e là fra i tanti luoghi comuni. Però questi
                    paragoni erano forzati e ridicoli perché non li cavavano dall’osserva-
                                             i
                    zione diretta della natura. Es L’amore è fuoco, l’amatore «oro che si
                    raffina al fuoco.» L’amore si paragona al mare, «tempesta come mare»,
                    all’onda «che sì, come in mar onda, non aggio poso». Se questi paragoni
                    si trovassero in un poeta solo o solo negli Italiani si potrebbero dire
                    ricavati dall’osservazione naturale, ma ci sono anche nei provenzali.
                    Guittone, gran maestro dei prov , porta in Italia un paragone proven-
                                               ti
                    zale: «come la candela rischiara prendendo fuoco dall’alto» oppure «co-
                    me la candela si consuma ma fa luce» così il poeta (amatore) dal suo
                    dolore trae argomento per illuminare la gente e dilettare. Ricavano
                    questi amatori i loro paragoni da cose naturali, ma dalla storia natura-
                    le del loro tempo, che era molto fantastica. P.e. dal cristallo che nasce



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