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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    arcigni, con un gran ciuffo rovesciato sul capo, e chiuso in una reticella,
                    vecchi che, perdute le zanne, parevano sempre pronti, chi nulla nulla gli
                    aizzasse, a digrignare le gengive; donne con faccie maschie, e con certe
                    braccia nerborute buone di venir in aiuto della lingua, quando questa
                    non bastasse; ne’ sembianti e nelle mosse de’  fanciulli stessi, che giocava-
                    no per la strada, si vedeva un non so che di petulante e di provocativo.
                    – Quando io, ragazzo, leggevo un libro sui precetti di rettorica, scrit-
                    to dal Ranalli, l’ultimo dei puristi (come lo chiamava con felice espres-
                    sione A. D’Ancona) che l’aveva a morte col Manzoni, ricordo che gli
                    rimproverava i troppi particolari nelle descrizioni: schioppi, tromboni,
                    zappe, ecc. Ciò significa che il Ranalli amava l’indeterminato, noi dob-
                    biamo volere il determinato. C’è sempre, nel Manzoni, un’attrattiva:
                    quel sorriso garbato che induce anche il lettore a questo medesimo ef-
                    fetto: Es: – … vecchi che, perdute le zanne, parevano sempre pronti, chi
                    nulla nulla gli aizzasse, a digrignare le gengive; donne con certe facce ma-
                    schie, e con certe braccia nerborute, buone di venir in aiuto della lingua,
                    quando questa non bastasse. – L’arte convenzionale, invece, e l’arte clas-
                    sicista scrivevano da burla o sul serio: nel primo caso risate sgangherate,
                    nel secondo un cipiglio da far paura. Ma la vita non è così si passa dal
                    riso alle tristi rughe e da queste di nuovo al riso, e così deve fare chi scri-
                    ve: non si deve avere sul viso, continuamente, la maschera della comme-
                    dia greca. Questa naturalezza, questo sorriso formano la novità la grazia
                    immortale del Manzoni. – Passiamo ora alla descrizione della sera nel
                    villaggio. Si potrebbe istituire un confronto utilissimo fra il Manzoni e
                    il Leopardi. I confronti fra scrittore e scrittore giovano sempre a chi vo-
                    glia imparare a scrivere: qualche volta sono, forse, un po’ troppo accat-
                    tati e vengono a noia; ma privatamente, costituiscono un lavoro che si
                    può tentare con utilità.
                    –  C’era infatti quel brulichìo, quel ronzìo, che si sen-
                    te in un villaggio, nella sera, e che, dopo pochi momenti, dà

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