Page 216 - Lezioni di Letteratura Italiana
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32 – Il momento eroico di Ettore
               Ettore allora nel suo cuore sentì ciò che era e si disse:  Sì; ma non vuo’ senz’ ardire; non vuo’ senza gloria morire,
               «Oh! oh! ora davvero gli dei mi chiameranno a morte!  ma dopo fatto gran cosa, che i posteri sappiano ancora.»
               Ché ben giurato l’avrei che qui fosse Deifobo eroe,  Com’ebbe detto così,  guainò l’appuntata sua spada,
               mentre è là dentro le mura, ed Atena mi trasse in inganno.   quale assai grande, assai forte, a lui s’allungava dal-
               Or m’è dunque dappresso la morte cattiva, non lungi;              l’anca
               e non v’è scampo. Da molto si vede che a Giove era caro  E in sé raccolto sbalzò come un’aquila d’ala sublime,
               più, ch’io morissi, e al suo figlio Saetta-lontano, che un tempo  ch’alla pianura si cala, di mezzo le nuvole nere,
               già mi guardavan benigni; ma ora la morte mi coglie.  per adunghiare od un morbido agnello o un timido lepre
                                                  tale sbalzò, l’appuntata sua spada rotonda, l’eroe.
                                       33. – La ferita mortale

               E s’avventò pur Achille ed empì la sua anima d’ira,  Ma tutto il corpo quant’era coprivano l’armi di bronzo,
               d’ira selvaggia, e davanti, a riparo del petto, lo scudo  belle, che a Patroclo aveva predato, ammazzatolo, a forza:
               posesi, bello, ben fatto, e col fulgido casco ondeggiava,  pur trasparia, dove l’anse dividono gli omeri e il collo,
               di quattro coni e le belle criniere svolavano intorno  nel gorgozzule, per dove la vita più rapida pulsa:
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               d’oro che d’ambo le parti  il dio Folgore pose al cimiero.   lì lo colpì colla lancia, mentr’egli scagliavasi, Achille;
               Come una stella ne va tra le stelle nel cuor della notte,  e per il morbido collo attraverso passò via di punta,
               Espero ch’è la più bella che brilla lassù, delle stelle,  senza le canne recidere il frassino grave di bronzo;
               tal balenava la punta aguzzata dell’asta, che Achille  sì che potesse pur dire e rispondere alcuna parola;
               nella man dritta vibrava pensando al divo Ettore morte,  e sdrucciolò nella polvere: Achille professe il suo vanto.
               ed osservando il bel corpo, ove desse più facile via.

               «Nella traduzione, testè letta, più rozza di quella del Monti, ma più fedele, sono ri-
               prodotte tali e quali le immagini di Omero.» (Parole di eccessiva modestia di G.P. che
               io lascio integre. N.d.C.)
               Note:   «Bronzo» le armi di quei primitivi erano di bronzo misto ad oro, argen-
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               to, stagno, elettro.   «Scamandro» detto anche lo Xanto (il biondo), è uno dei
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               due fiumi di Troia: l’altro è il Simoente. -   «dall’acqua» siamo in un campo di
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               poesia che non è la solita. Nel descrivere questa corsa, il poeta, che è in una piaz-
               za e dice davanti a uditori, che non avevano la fretta che hanno oggi, si indugia a
               raccontare di queste due fonti: una d’acqua calda, l’altra d’acqua fredda. _   «la-
                                                                             (4)
               vacri» per le lavandaie: a quei tempi, anche le regine lavavano i loro panni e quel-
               li dei mariti, dei figli e dei fratelli. –   ora non s’avventuravano più le donne ai
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               lavacri, che erano fuori delle mura, perché gli Achei uccidevano gli uomini e pre-
               davano le donne. –   «la fuga» non era vergogna, a quei tempi: si trattava pur
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               sempre di provare chi era più destro in un esercizio corporale e anche la corsa era
               in grande onore allora e Achille era detto piè veloce. Anche Pindaro racconta che
               Achille, da giovinetto, prendeva i cervi e le fiere alla corsa, senza i cani che glieli pi-
               gliassero. Correvano come ora fanno i podisti (con parola moderna, sebbene gre-
               ca) o i cavalli da corsa. Ettore, correndo, andava verso una torre, il vecchio e gran-
               de caprifico, dove erano i Troiani che potevano difenderlo coi dardi. Ma Achille vi
               giungeva prima e lo ricacciava. –   «Il buon domatore» di cavalli, s’intende: ogni
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               tanto vi sono di questi aggettivi–   «Peleo» padre di Achille –    Ettore, per quan-
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