Page 214 - Lezioni di Letteratura Italiana
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28 – L’inseguimento selvaggio (188)
               Sempre, incalzando, correva dietro Ettore il rapido Achille.   verso la piana; ma esso volava pur sempre alle mura.
               Come se un cane ne’ monti levò dal suo covo un cerbiatto  Come in un sogno che manca la forza a seguire chi fugge,
               Ed or lo segue sull’orme traverso le valli e le macchie, quello   che non può l’uno sfuggire a chi segue, né l’altro inseguire:
               atterrito, tremante, s’appiatta nei folti cespugli,  tali non l’uno poteva raggiungere e l’altro scampare.
               l’altro braccandolo corre, né smette finchè non lo trova,   Ettore or come sarebbe sfuggito al destino di morte,
               Ettore agli occhi, così, non sfuggia del piè-rapido Achille,  se non venivagli Apollo per l’ultima, l’ultima volta,
               ché quante volte cercava di volgersi dritto d’un lancio   presso, che a lui suscitò ne’ nembosi ginocchi la forza?
               verso le porte Dardanie al riparo dei forti bastioni,  E con il capo accennava alle genti il divino Pelide,
               se di lassù gli potessero i suoi con le frecce dar mano;   e non lasciava le acute saette gettare su quello
               tante, egli prima, avanzandolo verso la piana cacciava,   sì che del colpo altri avesse la gloria, ed è forse secondo.

                                      29. Le bilancie del destino
               Quando poi furono al quarto lor giro venuti alle polle,  l’una di Achille era, l’altra di Ettore, il domatore:
               ecco che in bilico il Padre mettea le bilancie sue d’oro,   alto ben le bilanciò: cadde d’Ettore il giorno di morte....
               e vi poneva due sorti di morte che molto addolora               (207)

                                        30. A fronte a fronte
               Ettore prima parlò, crollatore dell’elmo, gigante: (232)  «Ettore indimenticabile , a me non parlare di patti!
                                                               (10)
               «Figlio di Peleo , non più fuggirò, come prima, che intorno  Come non mai da’ leoni cogli uomini s’usa giurare,
                        (8)
               corsi tre volte alla grande città del re Priamo, né mai  né fra loro han benevolo i lupi e le pecore il cuore,
               il tuo venire sostenni: ma ora il mio cuor mi sospinse   anzi, continuamente, l’un l’altro, si pensano morte,
               che a te di fronte mi stia: posso ucciderti ed essere ucciso.   nulla può darsi tra me d’amichevole, e te, né tra noi
               Ora facciamo tra noi, qua, gli dei testimoni: gli dei   mai giuramenti saranno, se prima non l’uno dei due
               i testimoni dei patti, i custodi migliori saranno.   cada e il fierissimo dio della guerra satolli di sangue.
               Te crudelmente non io tratterò, quando a me la vittoria   D’ogni tua forza ricordati! or sì che davvero t’è d’uopo
               Giove conceda, sicura, quando io la tua vita mi prenda:   essere il buon lanciatore, l’intrepido guerreggiatore!
               ma come avrò la famosa predato armatura d’Achille   Non c’è più scampo per te, poiché in breve te Pallade Atena
               ecco, il tuo corpo agli Achei renderò. Tu lo stesso farai».    con l’asta mia domerà. Ora tutti in un tratto i miei crucci
                                              (9)
               Con un’occhiata di sbieco gli disse il piè rapido Achille:   tu pagherai, de’ compagni che a furia di lancia uccidesti!»

                                        31. I due primi colpi
                                     (11)
               Disse, e vibratala, avanti scagliò la lunga  ombra dell’asta.   s’hai questo dono da un Dio. Ora tu la mia lancia di bronzo
               Videsela nel cospetto e scansò così Ettore illustre ,  scansa. Così nel tuo corpo potessi riceverla tutta!
                                          (12)
               che si abbassò; e la lancia di bronzo volò sopra lui,  Certo più lieve e più lesta sarebbe ai Troiani la guerra
               e si ficcò nella terra; ma Pallade la strappò via  se tu morissi, che tu se' per loro la pena più grande»
               e la ridiede ad Achille, non vista al pastore di genti   Disse; e vibratala, avanti scagliò la lunga ombra dell’asta
               Ettore; ed Ettore allora al Pelide incolpabile disse:   e non fallì: del Pelide colpì nel bel mezzo lo scudo,
               «Tu mi hai sbagliato, né ancora, agli dei similissimo Achille,  ma via lontano la lancia ne rimbalzò. Ettore in ira
               tu lo sapevi da Giove il mio fato, e pur sì, lo dicevi.   che dalla mano il veloce suo dardo fuggissegli invano,
               Oh! ma tu eri un eroe da parole, un cotale ciarlone,  abbassò gli occhi e ristiè: non aveva altra lancia d’ ornello;
               perchè temendo di te mi scordassi il coraggio e la forza.   e con lunghi urli chiamava Deifobo scudo-lucente
               Non nella fuga tu a me pianterai nella schiena la lancia   e gli chiedeva la lunga asta. Ma egli non era più presso.
               dritto qua piantarmela nelle costole mentre mi slancio:
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