Page 210 - Lezioni di Letteratura Italiana
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2  LEZIONE
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                          La morte degli eroi nell’antichità e nell’epoca presente
                     Tenendoci all’argomento della passata lezione, voglio parlare di cosa appa-
               rentemente lugubre, ma, in ogni modo, adattata all’anno e allo stato dell’animo no-
               stro: la morte degli eroi. Ma noi non la considereremo nel nostro tempo, se non
               all’ultimo; prima, la considereremo nel tempo dei tempi: in Omero, che Petrarca
               chiamò «Primo pittor delle memorie antiche» ( Trionfo della morte; Cap. III°; 3°
               verso della 5  terzina). E, dopo Omero, in Virgilio, e finalmente nella nostra poesia
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               e nella nostra storia.
               Degli eroi dell’Iliade, il più a noi simpatico è stato sempre Ettore. Ricordo un tra-
               duttore dell’Iliade, Melchiorre Cesarotti (abate - (1730 + 1808) di Padova, professore
               di ebraico e di greco nell’Università, fu letterato, filologo e filosofo (Filosofia delle lingue,
               Filosofia del gusto) e poeta. Tradusse dall’inglese di Macpherson i presunti canti di
               Ossian, il celebre ma leggendario bardo gallico del 3° sec. dopo Cristo. N.d.c.) che
               giunse al punto di mutare il titolo al poema greco, modificando anche qualche altra
               cosa, e lo chiamò: La morte di Ettore. Ricordo il finale del carme foscoliano: «Dei
               Sepolcri» «E tu onore di pianti, Ettore, avrai Ove fia santo e lagrimato il sangue Per
               la patria versato e finché il sole Risplenderà su le sciagure umane».
                     Era naturale che, prima ancora che cominciassero le cospirazioni e le guer-
               re dell’Indipendenza, gli Italiani trovassero in Ettore un eroe del loro cuore perché
               era morto in difesa della sua città. Ma veramente l’eroe principale e il tipo più epi-
               co della Iliade è sempre Achille. L’argomento dell’Iliade è questo: Achille è il più
               bello, il più forte, il più veloce degli eroi che assediano Troia o Ilio. Scoppia la pe-
               ste nel campo degli assedianti. Gl’indovini dichiarano che ciò proviene da ira di-
               vina, concepita da Apollo, perché Agamennone, capo di tutti gli Achei assedian-
               ti Troia, si è preso la figlia di un suo sacerdote. Allora, in una assemblea, Achille
               consiglia Agamennone di restituire al padre la figlia e placare il Dio irato. Aga-
               mennone non intende fare ciò e se la prende cogli indovini e con Achille. Achil-
               le risponde fieramente; poi Agamennone dice di cedere; ma andrà, però, a togliere
               dalla preda di Achille la schiava che gli è toccata in sorte. Achille prova una for-
               tissima tentazione di scannare il re dei re, ma lo trattiene la dea dal pensiero sere-
               no che lo afferra pei capelli rossi. Si trattiene, dunque; dice insolenze, poi dichia-
               ra di non combattere più. Cede la schiava, ma non altro; e se altro da lui si vuole,
               tingerà la sua lancia di rosso. La figlia del sacerdote è restituita al padre e la peste
               cessa: la schiava di Achille è presa. Achille cessa di combattere e gli Achei sono
               sconfitti da Ettore, fino a ridursi a pugnare presso le navi che sono lontane dalla
               città assediata. Nel momento in cui le navi stanno per essere abbruciate dai Tro-
               iani, Patroclo, amico e compagno di Achille, si commuove alla sorte degli Achei e
               lo prega di rientrare nella mischia, oppure di cedere a lui le sue armi, perché com-
               batta con esse. Achille, dopo un po’, cede le armi. Alla prima vista delle sue armi,

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               Letteratura italiana                                    Dispensa 2ª
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