Page 206 - Lezioni di Letteratura Italiana
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Fu, dunque, imbarcato: non fu lasciato, perché non era prudenza; non fu ucciso,
perché la generosità di Garibaldi non lo permetteva. A notte, i bragozzi presero
il mare, che era mosso. Ma il cielo era serenissimo, e la luna, da lui amata, spun-
tò illuminando mare e cielo in mal punto; e Garibaldi non le fu grato, egli scrisse
poi, perché un brigantino e altre piccole navi vegliavano alla punta del Po. Infatti,
furono addosso ai tredici bragozzi, dei quali parecchi furono presi a cannonate e
catturati, in uno di questi era il brigadiere Sereni, che riacquistò, così, la libertà.
Comacchio era vicino a questi posti. Alcuni bragozzi riuscirono a prender terra:
in essi vi erano Garibaldi, Anita, Ciceruacchio, e Ugo Bassi, che si diedero alla
fuga. Sapete la morte di Anita e la fuga famosa di Garibaldi aiutato da contadi-
ni, artigiani e preti, che lo misero in salvo senza che nessuno di essi parlasse. Ugo
Bassi non fu fortunato. Fidente nella qualità di non combattente (era cappellano
della legione garibaldina), ritornò a Comacchio, dove si rifugiò con l’ufficiale ga-
ribaldino Livraghi. Fu riconosciuto e denunziato da un brigadiere dei finanzieri
che lo fece arrestare. Costui era il Sereni, che Garibaldi non aveva voluto fucilare.
E nelle Memorie di Garibaldi, invano si cerca un pentimento di non aver fatto
ciò che le leggi di guerra gli imponevano, sebbene la morte di U. Bassi, di Livra-
ghi e di Ciceruacchio gli sia rimasta come una delle più grandi nefandezze degli
Austriaci verso l’Italia. (Ugo Bassi, lett:, di Cento, cel. predicat. barnabita, gran patriot-
ta e mart. per l’indipend. it. Prese parte alla sortita di Mestre. Nel 49, fu tra i difensori di
Roma, e, per due giorni, rimase prigioniero dei Francesi. Col capitano Livraghi venne fu-
cilato a Bologna, l’8 agosto 1849 (era nato nel 1800)._ Ciceruacchio (Angelo Brunetti);
popolano romano, uno degli eroi della Rep. Rom. fucilato con due suoi figlioli e parecchi
compagni, come si vedrà più appresso. (1802-49).
Garibaldi continuò, nelle sue campagne, a far sempre lo stesso. La storia
non può provare che egli facesse giustiziare, anche a diritto, qualcuno. Il maggiore
Giuseppe Bandi (scrittore giornalista, di Gavorrano, uno dei Mille, Op: princ: Le Me-
morie d’uno dei Mille. interessantissima; 1834 +1894. N.d.c.), suo aiutante di campo,
narra che Garibaldi, dopo aver fatto una grande scenata a certi nemici, suoi pri-
gionieri, ordinò di fucilarli, e questi si avviavano; ma poi si rivolse al Bandi, di-
cendogli burbero: – Non ho mica detto sul serio, s’intende. –
Ritornerò, ogni tanto, in questo anno sacro, a qualche passo della storia
del nostro Risorgimento, che abbia fatti di generosità e di eroismo, perché som-
mamente educativi.
La Rivoluzione italiana, non tutti dicono, come dico io, che fu gene-
rosa e santa, perché rimproverano ad essa l’assassinio politico. Anche su que-
sto, bisogna intenderci. L’altro giorno (10 gennaio 1911), c’era nel Corrie-
re della Sera una intervista col patriotta centenario Francesco Prampolini
di Modena, eroico combattente di tanti campi di battaglia (in questo frat-
tempo il Prampolini è morto N.d.c.). Egli narrava che a Venezia, proprio nel
’49, aveva deciso di uccidere Radetzky. Si nascose entro una baracca di tra-
vi vicino la stazione, armato di pistola e deciso a far la festa al Marescial-
lo appena si fosse presentato sotto l’arco della stazione. E il momento venne.
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