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LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
te s’è aggirato nel pensiero di Dante. Quando Enea se ne va e lascia l’in-
felice a disperarsi sola, l’infelice si fa fare un rogo e preparare gli un-
guenti magici come per fare un sacrificio a Pluto: poi ascende questo
rogo, prende la spada che era rimasta di Enea. Dopo che ebbe veduto
le vesti iliache, il talamo noto, rimasta un po’ piena di lagrime, col cuo-
re fisso in quei pensieri, si gettò al capezzale del letto e disse queste pa-
role che furono le ultime: Dulces exuviae, dum fata deusque sinebant.
IV.651.
«Dolci spoglie, finché il fato e la divinità me lo permisero, ricevete que-
sta anima (vita) e liberatemi da questi tormenti. Vissi e finii quella car-
riera che la fortuna mi aveva data, ed ora una grande immagine di me
andrà sotterra. Feci una città illustre, vidi le mura da me edificate, ven-
dicai il mio marito, mi vendicai sul fratello che era mio nemico. Felice,
troppo felice se però i lidi di questa nuova mia patria non fossero mai
stati toccati da navi troiane» Disse e premendo le labbra sul guanciale:
[«]Muoio inulta, ma moriamo»
Ecco le parole, ecco il pensiero di Dante.
Francesca dice: Lo sa il tuo Dottore, perché l’ha descritta la situazione;
descrisse una donna che ha provato la felicità, che l’ha amaramente rie-
vocata e rimpianta nel momento in cui lasciava volontariamente la vita:
una donna che è nella selva di mirto infelix sopra tutto: infelix Dido; e
che morendo aveva detto: Felix, o nimium felix, si …………
– Ma se a conoscer la prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto affetto,
Farò come colui che piange e dice.
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancilotto, come amor lo strinse;
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Leggevano un romanzo d’avventure del ciclo Bretone.
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