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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    mus  amori.  «Tutto  vince l’amore  e noi  all’amore  cediamo»  .
                    Tutto l’episodio di Francesca non solo, ma il sistema punitivo
                    usato in questo Canto V è un omaggio, in certo modo, a questo
                    verso, alla potenza irresistibile dell’amore. – Fu osservato che Fran-
                    cesca è fuor di luogo, perché essendo adultera doveva essere dentro
                    la città di Dite. Fu osservato che Didone e Cleopatra non doveva-
                    no essere in questo posto perché suicide, e dovevano essere mes-
                    se nella città di Dite, nella selva dei suicidi. Dante, checché
                    gli  sussurrasse  all’orecchio  la  sua  teologia,  le  ha  messe  qui
                    perché l’amore è una potenza irresistibile che in certo modo
                    scusa l’adultera e la suicida. Piuttosto che alla teologia
                    Dante ha dato retta al suo vangelo pagano che è l’Eneide.
                    Vediamolo partitamente. - Enea passato che ha l’Acheronte (Li-
                    bro VI° – 424) si avanza sulla soglia mentre il custode che è Cerbero è
                    assopito, e passa velocemente oltre l’onda che non si ripassa mai,
                    che non si varca due volte; ed ecco ode un grande vagito. Sono
                    le anime dei bambini che piangono nel primo limitare. Così Dante
                    passato l’Acheronte trova il Limbo dove ci sono gl’infanti. Nell’E-
                    neide subito dopo gl’infanti, condannati dalla natura, ci sono
                    quelli condannati dai giudici a torto. Qui c’è Minosse che
                    raddrizza le sentenze, ma non può certo restituire la vita
                    a chi l’ha perduta. E ci sono pure in atteggiamento di gran-
                    de  dolore  quelli  che  senza  colpa  si  procurano  la  morte  di  pro-
                    pria mano e gettarono la vita per odio alla luce. Esclama a que-
                    sto punto il poeta: Come vorrebbero ora lassù sotto l’azzurro del
                    cielo, sopportare anche la povertà e i danni e gli affanni che
                    porta con sé! Ma il destino lo vieta. - Di lì si estende la
                    pianura del pianto; in questa pianura coloro cui un amore
                    duro, contrario, uccise col suo crudele veleno, sono nascosti in se-
                    grete viottole e circondati, coperti da una selva di mirti. I loro
                    affanni non li abbandonano nemmeno nella morte. Qui sono
                    diverse eroine dell’antichità, fra le altre Erifile che mostra le feri-
                    te avute dal figlio, e tra queste colla ferita ancor fresca, Didone,
                    che è una suicida. Abbiamo già detto ciò che Enea dice a questa
                    infelice per placarla, ma essa se ne va dicendo chiaramente col suo
                    silenzio che alla morte non c’è rimedio di parole.

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