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LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
nuvole spuntare la luna del novilunio, versando lagrime le parlò con
dolcezza d'amore (non è ancora: l'amoroso grido di Dante, ma non so-
no nemmeno le parole melate, parole di adulazione che ha Odisseo.
Col tempo la poesia si fa sempre più sentimentale e fine).
«Infelice Didone dunque era vero il nunzio che tu t'eri spenta o avevi
fatto l'estremo passo col ferro! (Letteralmente non dice che si uccise).
Dunque io fui cagione di tua morte? ma per le stelle e per gli dei io giu-
ro che partii mio malgrado da te».
Queste parole arrivarono alla povera morta come un'ironia: gli
dei qui non ci sono e le stelle non le vede più.
«Furono i comandi degli dei che mi costrinsero a partire; io non potei
credere (nota stonata) di averti a portare tanto dolore con quella mia
del maschio
partenza. Non allontanarti, è l'ultima volta che il destino ci concede per
parlarci, e movea lagrime... lacrimasque ciebat.
(I commentatori sono incerti se significa che piangeva lui o che
faceva piangere lei. Io credo: piangeva lui).
Ella dura come uno scoglio, senza guardarlo sta volta da un altra par-
te, poi lentamente si allontana e inimica, senza più amore, si rifugia nel
bosco ombroso dove l'antico suo consorte Sicheo, risponde alle sue cure
e compensa con amore l'amor suo.
In Dante è un po' voltata la cosa. La sua Didone si fa vedere col
suo Sicheo, ma questi non è il marito: è l'amante.
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