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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    «Ora io a lui parlai con parole melate: Aiace, figlio di Telamone senza
                    macchia, che destino è questo che nemmeno dopo morto tu possa spo-
                    gliarti dello sdegno concepito a causa di quelle armi?
                    Certo, esse furono fatali ai Greci perché fecero perire te che eri come
                    torre, come baluardo. Ma credi non fu colpa in noi, ma sibbene in Zeus
                    che ci porta odio (Solita nostra abitudine di dar colpa delle nostre sven-
                    ture alle divinità). Or via, Sire, vien qua, affinché tu oda la nostra paro-
                    la; e doma l'ira e il generoso cuore. Così dissi ed egli nulla mi risponde-
                    va, e se ne andò tra le altre anime dell'erebo (verso l'oscurità) dei morti
                    estinti».
                    L'episodio finisce qui: ciò che segue è aggiunta di alti rapsodi.
                    Questa figura è dunque di un nemico, di un eroe che, volontariamente
                    o no, ha ricevuto un'offesa e ne è morto.
                    Questo eroe, in Virgilio si trasforma in una regina.
                    Enea approda a Cartagine, l'eterna nemica di Roma, è accolto ospite da
                    Didone che ne è la regina, profuga da Tiro; il destino, il fato, la divini-
                    tà se ne immischiano (questo non è senza importanza nell'imitazione
                    dantesca) e si accordano due dee, Giunone e Venere di fare innamora-
                    re Didone di Enea. Prendono Amore sotto la figura di Ascanio figlio di
                    Enea, e lo mandano ad Enea che è convitato da Didone. La regina pren-
                    de il fanciullo tra le sue braccia e subito si sente accesa d'amore benché
                    non volesse rompere fede a Sicheo. Nasce l'amore anche in Enea i due
                    si uniscono e Enea dimentica pel momento il suo destino di venire in
                    Italia e fondare Lavinia, donde Alba e poi Roma. Ma un messo di Gio-
                    ve sprona Enea a partire; egli se ne va e la dolente Fenicia resta e dal do-
                    lore si uccide come Aiante.
                    Enea approda in Italia e consulta la Sibilla, dalla quale sente che deve
                    consultare il padre morto (in Omero c'è la madre dell'eroe sotto terra).
                    Gli è imposto qualche cosa di quello che c'è in Omero: qualche cosa di
                    più profondo e di allegorico.

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