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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    che venga Tiresia, ha visto la madre la quale però non lo riconosce.
                    Tiresia gli spiega come le anime non possano parlargli se non han-
                    no prima bevuto il sangue del sacrificio. Dopo aver così detto l’a-
                    nima di Tiresia se ne va dentro la casa dell’invisibile (Ades) «Io ri-
                    masi lí finché venne la madre la quale si accostò al sangue, bevve e
                    dopo mi conobbe» Vediamo se un poeta così antico sa rendere l’a-
                    more della madre,  «Figlio mio, come venisti sotto la caligine neb-
                    biosa, essendo vivo? Tremenda cosa è per i vivi vedere queste cose!
                    [ché in mezzo ci sono grandi fiumi e terribili correnti e primamente
                    Oceano, cui non è possibile traversare a piedi se uno non abbia la
                    ben  fatta  nave.]»  Sono  tre  versi  che  sembrano  fuori  di  posto  e gli
                    editori li segnano con parentesi.  «O sei venuto qui da Troia coi
                    tuoi compagni e non vedesti ancora nella tua casa la tua moglie?»
                    Io replicai: Madre mia, il destino m’impose di interrogare l’anima
                    indovina di Tiresia Tebano. Non sono ancor tornato alla mia casa e
                    non so nulla di quanto è succeduto. Gli domanda ancora come è mor-
                    ta e le notizie del padre, del figlio, della consorte. La madre gli dà no-
                    tizie di tutti e finisce col dirgli: «La fine de’ miei giorni non giunse
                    per vecchiezza, non fu la dea che si compiace di colpirci co’ suoi stra-
                    li, né mi vinsero quelle malattie che uccidono con lunghi odiosi lan-
                    guori, ma fu l’amor tuo, il desiderio di rivederti, il dolore della tua
                    lontananza, illustre Odisseo, che mi tolse il fiato sì dolce a respirare»
                    Questo accenno all’amore materno è un segno che la poesia del-
                    la madre, fin dai tempi antichi è stata sentita. – Anche qui troviamo
                    il tentativo di abbracciamento, imitato poi da Dante: «Tre volte cor-
                    si verso di lei come il mio cuore mi spingeva, e tre volte m’uscì fuor
                    dalle braccia. Mi trafisse un acerbo dolore e le dissi:  «Madre mia,
                    perché non rimani, mentre io ho sì gran desiderio di prenderti e in-
                    vece restiamo tutti e due nel pianto più amaro? Sei forse un fanta-
                    sma  vano  mandato  a  me  da  Persefone  (Proserpina)  perché  io  pian-
                    ga di più? - No, Proserpina non t’inganna, io sono ombra perché
                    tale è il destino dei mortali dopo che non sono più in vita» - Co-
                    sì pure in Dante quando Stazio: Già si chinava ad abbracciar li piedi
                                      al mio dottor ….. egli disse: «Frate,

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