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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    grarsi. Come una madre quando le muore un bambino, anche se ha la
                    fede più viva, piange, invece di essere lieta. E Casella, con un sorriso:
                    «... «Nessun m’è fatto oltraggio, Se quei, che leva e quando e cui gli
                    piace, Più volte m’ha negato esto passaggio; » E interpretano che Ca-
                    sella si trovi in un anti – antipurgatorio, che sarebbe alla foce del Teve-
                    re, e aspettasse; e l’angelo dispettosamente lo lasciasse lì ad aspettare di
                    andare al suo luogo. Interpretiamo invece: – non m’è fatto alcun tor-
                    to come tu vieni a dire con quel tolto; anzi mi ha negato tante vol-
                    te questo passaggio! Io ero desideroso di essere sciolto dal legame
                    corporeo e che l’angelo mi pigliasse in un momento di grazia e mi
                    portasse a godere la sua visione; e perciò non bisogna rimproverar-
                    lo se mi ha esaudito. Io avrei voluto venirci prima, ma non si deve fa-
                    re il voler nostro, sì il voler di Dio! Non sicut ego volo, sed sicut tu.
                    Fiat voluntas tua. «Veramente (continua, e qui è lo scoglio) da tre me-
                    si egli ha tolto, Chi ha voluto entrar con tutta pace.» Da  tre mesi
                    durava il giubileo ed erano bandite indulgenze per le quali  chi mo-
                    riva dopo averle lucrate sarebbe subito andato in luogo di salvazio-
                    ne. Quello era il momento buono per essere tolti su dall’angelo.
                    E io che anche prima avevo tante volte detto, Cupio dissolvi, allora lo
                    dissi più fervorosamente, e l’angelo mi esaudì, perché tempo di grazia e
                    d’indulgenza. Non fece più opposizione: mi prese con tutta pace.
                          Io credo che Dante raffiguri tutte le anime buone, come deside-
                    rose di imbarcarsi nel vascello snelletto e leggiero della buona morte, e,
                    così quasi allineate sulle rive alla foce del Tevere. Presso Roma perché
                    non c’è salvazione fuor della chiesa di Roma. E io rafforzerei e allarghe-
                    rei questo concetto, osservando che Roma, per Dante, non è solo sede
                    della vita contemplativa e spirituale ma anche della vita attiva o civile; e
                    che non è solo la sede del Pontefice, ma anche dell’Imperatore. In essa
                    sono due soli come egli corregge se stesso perché nella Monarchia di-
                    ceva che c’è un sole, il Pontefice, e una luna, l’Imperatore: nella D. C.
                    dice due soli.
                          Così possiamo dire che la foce del Tevere è considerata da Dan-
                    te come il luogo dove si vengono a ritrovare i morti in grazia perché
                    ivi  è  raccolta  tutta  la  vita  sì  contemplativa  che  attiva,  cioè,  lascian-

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