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LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
ha bisogno di vela, fa l’opposizione dell’angelo a Ulisse; e col mor-
tal pelo fa l’opposizione di questa eterna giovinezza a quell’inerte ca-
ducità dei poveri vecchi, e allo squallore senile del vecchio demonio.
«Ed ecco verso noi venir per mare Un vecchio, bianco per antico pelo,»
È opposizione perfetta – «Poi come più e più verso noi venne L’uc-
cello divino,…» Anche questo paragonare l’angelo a un uccello ricor-
da Caron demonio, che non è veramente uccello, giacché fa dei cen-
ni come un uccellatore. Eppure il richiamo può essere per Dante non
l’uccellatore, ma l’uccello che si mette per zimbello nel paretaio. La
barca di Caronte è sdruscita, e Dante ci fa vedere questa brutta bar-
ca che imbarcava acqua a ogni momento: questa invece viene leggie-
ra sulla superficie dell’acqua. «Da poppa stava il celestial nocchiero,
Tal, che faria beato pur descripto; E più di cento spiriti entro sedie-
ro.» Altri legge:… parea beato per iscritto; ma mi par meglio leggere
come nel primo caso avvertendo che pur sta a significare solamente.
Io adotto la prima lezione, prima di tutto per ragione della rima, giac-
ché iscritto fa rima con scritto (verso 48°) e allora si avrebbe sempre la
stessa parola; ma soprattutto pur descritto (col p o senza fa lo stesso)
si deve adottare osservando il continuo studio di confronto o antite-
si dell’angelo con Caronte: l’effetto di Caronte è un terrore: - quell’a-
nime ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti ratto che
inteser le parole crude, e si buttano lì come fa l’uccello quasi affasci-
nato dall’uccellatore. Così queste anime sono affascinate da quegli oc-
chiacci. L’angelo invece beatificherebbe anche in effigie. E così prefe-
risco facea (o faria) o parea. Con pur descritto Dante fa l’antitesi della
bellezza, dell’apparenza gioconda, felice dell’angelo, colla figura tre-
menda, odiosa dell’altro nocchiero. «In exitu Israel Aegypto, Cantavan
tutti insieme ad una voce, Con quanto di quel salmo è poscia scripto»
Il perché di questo canto è detto da Dante nel Convito e poi è volga-
to, che esso esprime la liberazione dell’anima dai lacci corporei, la sua
entrata nel mondo di là. «Poi fece il segno lor di santa croce; Ond’ei
si gittar tutti in su la spiaggia. Ed ei sen gìo, come venne, veloce.» Co-
me le anime del mondo della pena si buttano alle parole e ai cenni di
Caronte, così qui al segno di Santa Croce si gettano i navigatori del
mondo della purificazione. Come Caronte va subito a prendere al-
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