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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907



                    gere il IV Canto: «Ruppensi l’alto sonno nella testa Un greve tuono, sì
                    ch’io mi riscossi Come persona che per forza è desta.» Come ha pas-
                    sato il rio, la riviera, Dante non ce lo dice, ma ci dice che l’ha passato
                    in istato di sonno e la morte è un sonno. Dante si trova nel mondo di
                    là, sotto terra, e anche questo è quello che succede un bel giorno a tut-
                    ti. E egli ha voluto veramente rappresentare la morte anche in sé. Infat-
                    ti nei versi seguenti, quando si volge e riguarda per vedere dov’è, dice:
                    «Vero è che in su la proda mi trovai Della valle d’abisso dolorosa, «Co-
                    me a dire; pare inverosimile, ma mi trovai nel luogo dei morti e ci an-
                    dai col sistema, diciamo così, che ci vanno tutti. La morte è un grande
                    svenimento, un abbandono di sé, un oblio perfetto. Infatti non ci dice
                    come realmente passi nel mondo di là, e non lo dice per maggiore veri-
                    tà: per rispetto alla verità della sua rappresentazione. Non lo sa, finge di non
                    saperlo. Alla rappresentazione dei morti in ira di Dio fa contrasto as-
                    soluto la rappresentazione dei morti in grazia di Dio. Dante e Virgi-
                    lio, l’uomo e l’ombra, sono passati nell’emisfero australe per una strada
                    sotterranea, sono giunti a un’isola che sorge sul mare. «Noi eravamo
                    lunghesso il mare ancora, Come gente che pensa a suo cammino, Che
                    va col cuore, e col corpo dimora: Ed ecco qual suol presso del mattino,
                    Per li grossi vapor’ Marte rosseggia Giù nel ponente sopra il suo ma-
                    rino; Cotal m’apparve (s’io ancor lo veggia!) Un lume per lo mar ve-
                    nir sí ratto, Che ‘l muover suo nessun volar pareggia» La morte è
                    sempre istantanea: come fa appena a tempo Caron a passare dall’al-
                    tra riva che già di qua è una nuova schiera, così è qui nel Purgato-
                    rio, istantanea, rapidissima. «Dal qual com’ io un poco ebbi ritratto
                    L’occhio per dimandar lo duca mio, Rividil più lucente e maggior
                    fatto.» La somiglianza del[le] due rappresentazioni c’è già nel fat-
                    to delle due riviere, dello specchio d’acqua d’avanti, nel fatto di que-
                    sto lume che è nella lontananza. Salvo che là e [è] notte è sera la pa-
                    lude buia, limacciosa, là due occhi [occhi] di bragia, di fuoco come
                    si trovan qui nella terra. Qui invece è mattina, la luce par da princi-
                    pio pur rossa come quella di Caronte, ma somiglia una stella, non fuo-
                    co terrestre. La somiglianza è anche in quello che si rivolge al mae-
                    stro tanto nell’uno che nell’altro caso, solo che qui nel Purgatorio
                    non fa a tempo a parlare ché vede il lume farsi più grande e lucente.
                    Dante, nell’oltremondo ogni momento ricorda il mondo di qua.


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