Page 12 - Lezioni di Letteratura Italiana
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LEZIONI  DI  LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907




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               Da i campi onde tra l’armi e l’ossa arate  Salute, o genti umane affaticate!
               La sventura di Roma ancor minaccia;  Nulla trapassa e nulla può morir.
               Da le rócche tedesche appollaiate  Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate.
               Sí come falchi a meditar la caccia;  Il mondo è bello e santo è l’avvenir. –
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               Da i palagi del popol che sfidando  Chi è che splende su da’ monti, e in faccia
               Surgon neri e turriti intorno a lor;  Al sole appar come novella aurora?
               Da le chiese che al ciel lunghe levando  Di questi monti per la rosea traccia
               Marmoree braccia pregano il Signor;  Passeggian dunque le madonne ancora?
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               Da i borghi che s’affrettan di salire  Le madonne che vide il Perugino
               Allegri verso la cittade oscura,   Scender ne’ puri occasi de l’ aprile
               Come i villani c’ hanno da partire  E le braccia, adorando, in su ‘l bambino
               Un buon raccolto dopo mietitura;   Aprir con deità cosí gentile?
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               Da i conventi fra i borghi e le cittadi  Ell’è un’altra madonna, ell’e un’idea
               Cupi sedenti al suon delle campane,  Fulgente di giustizia e di pietà:
               Come cucúli in fra gli alberi radi  Io benedico chi per lei cadea,
               Cantanti noie ed allegrezze strane;  Io benedico chi per lei vivrà.
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               Da le vie, dalle piazze glorïose,  Che m’importa di preti e di tiranni?
               Ove, come del maggio ilare a i dí  Ei son più vecchi de’ lor vecchi dèi.
               Boschi di quercie e cespiti di rose,  Io maledissi al papa or son dieci anni,
               La libera de’ padri arte fiorí;    Oggi co ʻl papa mi concilierei.
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               Per le tenere verdi messi al piano,  Povero vecchio, chi sa non l’assaglia
               Pe’ vigneti su l’erte arrampicati,  Una deserta volontà di amare!
               Pe’ laghi e’ fiumi argentei lontano,  Forse ei ripensa la sua Sinigaglia
               Pe’ boschi sopra i vertici nevati,  Sì bella a specchio dell’adriaco mare.
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               Pe’ casolari al sol lieti fumanti  Aprite il Vaticano. Io piglio a braccio
               Tra stridor di mulini e di gualchiere,  Quel di se stesso antico prigionier.
               Sale un cantico solo in mille canti,  Vieni: alla libertà brindisi io faccio:
               Un inno in voce di mille preghiere:  Cittadino Mastai, bevi un bicchier!
                                                  (Poesie di G. C. 1850-1900 – Giambi ed Epodi
                                                          libro 2° pag. 495

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