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LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA - ANNO ACCADEMICO 1906-1907
«Noi dobbiamo, egli seguita, distinguere i generi delle cose che ci oc-
corrono a dire, considerando se sono da cantarsi con modo tragico,
comico o elegiaco. Per la tragedia intendiamo lo stile superiore, per la
commedia l’inferiore, per l’elegia quello dei miseri. Se le cose che ci oc-
corrono, pare che siano da essere cantate col modo tragico, allora è da
pigliare il volgare illustre, e conseguentemente da legare la canzone. Ma
se sono da cantarsi con comico, si piglia alcuna volta il volgare medio-
cre, ed alcuna volta l’umile. Se poi con elegiaco, bisogna che solamente
pigliamo l’umile.»
Dopo aver detto quali sono i soggetti dello stile tragico conchiude :
«Ma a fare questa canzone (che è genere superiore, stile tragico, dice
lui, ma sarebbe piuttosto l’epico lirico perché diretto a donna) e que-
sta divisione, come si dee qui è la difficoltà, qui è il travaglio; poiché
non si può fare mai senza valore d’ingegno, assiduità d’arte e abito (os-
sia pieno possesso) delle scienze. E questi sono quelli che il Poeta, nel
VI dell’Eneide, chiama diletti da Dio, e dalla ardente virtù sublimati al
cielo, e figlioli degli Dei, avvegnachè figuratamente parli. (... Pauci quos
aequ[u][o]s amavit Juppiter, aut ardens evexit ad aeth[e]ra virtus, Dîs
genîti potuere. ( Virgilio, VI, 129-131))
(Dilectos Dei, et ab ardente virtute sublimatos ad aethera Deorumque
filios (Dante, De Vulgari Eloquio, IV cap. del libro II ))
«E però si confessi la sciocchezza di coloro, i quali senza arte e senza
scienza, fidando solamente nel loro ingegno, si buttano a cantare di al-
ti argomenti con alto stile. Adunque smettano questi tali da tanta loro
presunzione; e se per naturale pigrizia sono paperi non vogliano imita-
re l’aquila, che vola alle stelle. (D.V.E. lib. II, cap. IV infine.)
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