Page 82 - Pablo Picasso
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Spagna lo vidi così diverso da com’era», avrebbe ricordato Fernande
           Olivier  un  quarto  di  secolo  più  tardi,  «così  diverso  dal  Picasso  di

           Parigi,  gioioso,  meno  selvatico,  più  brillante,  animato,  tranquillo  e
           controllato  nei  suoi  interessi,  finalmente  a  suo  agio.  Sembrava
           circondato da un’aura di felicità che contrastava con il suo carattere e il

           suo atteggiamento consueti.»[51]
              Qui, tra l’ocra dei paesaggi montani, per vasti tratti completamente

           brulli  (stranamente  prefigurati  nell’Acrobata  sulla  palla,  nella
           Famiglia di saltimbanchi e in Cavalli al bagno), sullo sfondo di zone
           di  natura  più  o  meno  incontaminata,  si  fa  più  netto  l’apprezzamento

           della forma semplice, armoniosa, costruita in modo ragionevole, che si
           tratti di figura umana o di manufatto. Proseguendo su questa strada e

           immergendosi  sempre  più  a  fondo  nel  tema  della  nudità  giovanile,
           Picasso  trova  la  sua  fonte  di  ispirazione  non  tanto  nel  tipo  efebico,

           quanto  nell’architettura  di  forme  plastiche  semplificate,  che  possono
           essere, indifferentemente, quelle di un giovane, di un ragazzo, di una

           donna, di un ritratto o di un utensile d’argilla.
              Ognuna  di  queste  idee  plastiche  vive  una  sua  vita  di  immagine,
           affascinante nella sua spontaneità. Lo stesso dicasi per la tutt’altro che

           pretenziosa  Natura  morta  con  porrón  (brocca  di  vetro),  con  i  suoi
           quattro  comuni  oggetti  del  mondo  contadino,  due  di  vetro  e  due  di

           argilla.  Il  semplice  motivo  di  questo  gruppo  di  oggetti,  raffigurati
           frontalmente  nello  stile  di  Zurbarán,  si  anima  grazie  alla  dinamica

           interazione  che  al  suo  interno  si  verifica  tra  contrasti  e  somiglianze:
           materiali e plastici, ritmici e tonali.

              Eppure,  allo  stesso  tempo,  nei  contrasti  tra  le  singole  forme
           dell’elegante  caraffa  e  del  porrón  triangolare,  della  tozza  casseruola
           con coperchio e del vaso di terracotta, si percepisce il velato umorismo

           di  un  artista  che  gioca  al  trasformista,  come  era  tipico  della  sua
           fantasia.  Pertanto,  un’oggettiva  raffigurazione  di  oggetti  inanimati  si

           trasforma in una scena di genere in cui una normalissima tavola diventa
           il palcoscenico di un incontro tra due coppie, una di vetro, l’altra di
           terracotta.  Come  risulta  evidente  dalla  Natura  morta  con  porrón,  le

           opere  di  Gosol  riflettono  l’inconscio,  ma  logico,  lievitare  di  due
           tendenze  fondamentali  nello  sviluppo  della  concezione  formale

           dell’artista:  il  risalto  dato  all’originaria  semplicità  espressiva  dei
           volumi e la sempre più complessa struttura compositiva dell’insieme.
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