Page 40 - Pablo Picasso
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tempi  troviamo  la  descrizione  di  un  caffè  e  dei  suoi  clienti  che  si
           attaglia  perfettamente  ai  personaggi  raffigurati  da  Picasso:  «Questi

           artisti  comici,  disoccupati  e  allegri,  buffoni  di  strada,  cantanti,
           declamatori di versi ed eccentriche ballerine, tutti coloro che di notte,
           sotto  le  luci  della  ribalta,  e  domani,  forse,  in  qualche  tugurio,

           condivideranno risate e gioia con un pubblico che li crede felici e li
           invidia  [...]  vengono  qui  ogni  giorno,  allo  Chartreuse,  in  cerca  di  un

           impiego qualsiasi, l’occhio pronto a individuare ogni agente che entri
           nel locale [...] alla ricerca [...] di un interprete di monologhi o di una
           cantante.

              «Ci sono anche le donne, infatti.
              «Povere ragazze!

              «Livide alla crudele luce del giorno, sorriso d’ordinanza, svagate o
           infreddolite, rosse o cianotiche, pallide per via della cipria dozzinale, le

           palpebre blu, gli occhi contornati con la matita nera, sostano anch’esse
           sul marciapiede pronte a compiacere l’impresario che sarà così gentile

           da voler ricorrere a quel che resta di una giovinezza pressoché svanita e
           di una voce ormai fioca».[29] Il caffè ritratto da Picasso, però, non ha
           nome, è un rifugio per senza-tetto.

              Arlecchino,  quell’artistico  e  nervoso  ginnasta  con  la  faccia  bianca
           come un Pierrot, e la sua compagna, il cui viso è a metà tra lo spettrale

           e la maschera del teatro Noh, non sono vere e proprie persone, bensì
           l’anima scissa del bohémien resa saggia dalla banalità della commedia

           della  vita.  Certi  studiosi  contemporanei  notano  una  somiglianza  tra
           questi primissimi personaggi picassiani ispirati alla commedia dell’arte

           italiana e la successiva poesia simbolista di Verlaine.[30] In senso più
           generale, si può dire che la personale espressione artistica di Picasso è
           ora assoggettata al principio poetico: l’occhio legge il dipinto come una

           poesia, immergendosi nelle emozioni e nell’associazione simbolica dei
           colori, cercando il senso delle corrispondenze, incantato dal gioco dei

           versi  assonanti  che,  come  i  colori  del  dipinto,  sono  purificati  dal
           prosaico quotidiano e infusi di una musica inebriante.
              Non c’è, tuttavia, nulla di casuale nel grande bicchiere di assenzio

           posato sul tavolo davanti ad Arlecchino: quell’aspro e verdastro liquore
           è  allegoria  dei  dolori  esistenziali,  ulteriore  testimonianza  della

           dannazione dell’Arlecchino-artista. In quel periodo, l’idea del poète o
           dell’artiste  maudit  era  assai  presente  nei  pensieri  di  Picasso.

           Combaciava  alla  perfezione  con  il  suo  ideale  di  arte  autentica,  con
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