Page 5 - Primi poemetti
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A MARIA PASCOLI
Maria, dolce sorella: c’è stato un tempo che noi non eravamo qui? che io non
vedevo, al levarmi, la Pania e il Monte Forato? che tu non udivi, la notte, il fruscìo
incessante del Rio dell’Orso? Il campaniletto di San Niccolò, bigio e scalcinato,
che mi apparisce tra i ciliegi rosseggianti de’ loro mazzetti di bacche, e i peri e i
meli; quel campaniletto, c’è stato un tempo in cui non lo sentivamo annunziare
la festa del domani? Din don... Din don don... Din don don... Non fu quel prete
smunto e cereo, che viene su per la viottola col breviario in mano, non fu esso il
rettore che ci battezzò? non era Mère il buon contadino che ci rallegrava fanciulli
col suo parlare a scatti, coi suoi motti e proverbi curiosi? “Il cane fa ir la coda,
perché non ha cappello da cavarsi”: ecco una sua osservazione sottile a proposi-
to del nostro Gulì. E quel fringuello che canta così da vicino il suo francesco mio
e il suo barbazipìo, non è stato sempre così vicino?
Non li abbiamo sentiti sempre quei più minuti e più confusi e più teneri chiac-
chiericci dei cardellini? Quelle verlette (sono venute da poco a portare il caldo),
quelle canipaiole (vennero quando c’era da seminar la canapa; vennero a dirlo
ai contadini), che sembrano ninnare i loro nidiaci con una fila di note sempre
uguali; tonde, in gorgia, le prime, limpide e veloci e tristi come un lamento di
piccolo, le altre; non le abbiamo sempre avute nella nostra campagna? E non
abbiamo sempre udito cantar gli sgriccioli, che hanno tanta voce e sono così
piccini? gli sgriccioli che... Parlano romagnolo? Dicono magnè, magnè, magnè!...
E quei balestrucci che strisciano intorno per l’aria coi loro scoppiettìi rapidi e
sonori, non li abbiamo sempre avuti nella nostra casa? C’erano anzi, negli anni
passati, anche le rondini, quelle che hanno il pettino rugginoso, non bianco, e la
lunga coda biforcuta, e il canto più soave e più parlato; ma ebbero che dire con
queste loro rissose sorelle del pettino bianco; e se ne sono andate. Ce n’è qual-
che nido sotto il tetto della chiesa, in un luogo molto ombroso e solitario. Sen-
tono cantare i vespri e le litanie da una parte; dall’altra frusciare il Rio dell’Or-
so. Vivono in gran ritiro, come pensose ancora, nel loro appartato sfaccendare,
d’una sventura domestica e comune, toccata là, nelle isole lontane. O rondinelle
dal petto rosso, o rondinelle dal petto bianco, se poteste andar d’accordo! Le
une e le altre io vorrei torno torno sotto le mie grondaie, e vorrei avere tutto il
dì, mentre sto curvo sui libri, negli occhi intenti ad altro, la vertigine d’ombra del
vostro volo! Mi fate tanta buona compagnia già voi, bianche. Io non so che cosa
succede stamane. Ho sorpreso una viva conversazione familiare dentro un nido.
C’erano pigolìi e strilli. Qualcuno alzava la voce. E ne siete usciti in tre o quat-
tro. Che si è deliberato nella capannetta sospesa, che forse è la residenza del
capo-tribù? forse l’impianto di nuove case? Fate pure. E buona caccia! Le mosche
abbondano quest’anno, come sempre. A proposito: si chiede a che servono le
mosche. Chiaro, che a nutrir le rondini. E le rondini? Chiaro, che a insegnare agli