Page 290 - Lezioni di Letteratura Italiana
P. 290

LEZIONE 11ª

                                        = Inno a Roma =



                     Care e gentili maestre e carissimi maestri! Ho voluto vedervi prima di termi-
               nare l’anno scolastico, per darvi una prova di affetto e fare atto di omaggio alla scuo-
               la, che voi così degnamente rappresentate. Per conclusione al nostro qualunque fos-
               se corso, vi parlerò di Roma, seguendo le tracce alla meglio, perché il tempo è troppo
               limitato, di un Inno latino che in questi giorni presento alla città sacra e all’Italia.
               Possa essere, questo breve discorso, una degna preparazione pel vostro animo a cele-
               brare, domenica ventura, il grande momento dell’Italia una.
                     Questo Inno, del quale io seguo le tracce, è di quelli che si chiamano omerici,
               non perché abbian nullo di degno di Omero, ma perché sono così tra l’epico e il li-
               rico: non sono, per esempio come il «Cinque Maggio» una pura lirica, ma un rac-
               conto intramezzato di invocazioni e di esclamazioni. Il racconto degli inni omerici
               riflette delle leggende o , come si dice, miti, favole; così, in quest’inno, sono preferi-
               te, alle storie, le leggende di Roma antica, dando ad esse significato pel giorno pre-
               sente.
                     Anche il principio sa di antico. Il poeta antico si rivolgeva alle divinità chie-
               dendo per qual nome essa gradisse essere invocata. Aver molti nomi, era, per una
               divinità, grande onore, perché era segno che in molti luoghi era adorata ed ottene-
               va sacrifici dalle genti. Ora, Roma aveva tre nomi. Per qual nome, il poeta odierno
               domanda, gli Italiani devono chiamarla oggi, in questo giorno solenne? – Oggi è
               lecito – il poeta risponde – pronunciare quel nome che nei misteri si pronuncia-
               va. – I misteri erano celebrazioni molto incerte ancora, che si facevano notturna-
               mente, delle cose trascendenti questa vita; ed era obbligo, per essi, il segreto. Perciò
               è incerto anche oggi in che cosa consistessero. Il nome, oggi, del mistero possiamo
               trarre dalle sue tenebre - Amor -. Roma aveva tre nomi, dissi: Amore; nel mistero,
               dunque; Roma, in terra; e fra gli dei, Flora. Questo ci hanno tramandato gli antichi.
               E comincio:–
                     (segue la traduzione) riassunta e commentata dell’Inno a Roma. N. d. c.)
                     _ Amor. È in verità nome degno di Te perché, prima che tu fossi, ti cercava-
               no navi venute di lontano, portando con sé esuli cui era stata distrutta la città. Una
               stella li guidava; la stessa che ha guidato col lume sempre ugualmente fisso gli Ita-
               liani verso te.
                     Roma è l’ultima venuta verso noi, ma è stata essa che ha attirato tutti i pensa-
               tori e i guerrieri, e ha avuto il sangue di tutti i martiri.
                     – Chi, primo, sparse il suo sangue per Te? Fu un giovane, morto in bat-
               taglia e pianto molto, lungo il Tevere. Nella battaglia, quando Tu fosti estinto,



               Letteratura italiana                - 49-               Dispensa 7 a
                1910-1911                                                  (ultima)





                                                                                307
   285   286   287   288   289   290   291   292   293   294   295