Page 274 - Lezioni di Letteratura Italiana
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LEZIONE 9     a


                                 Complemento alle lezioni dantesche

                     Prima di passare ad un ultimo corso, a guisa di complemento delle lezioni
               dantesche fatte nei giorni passati, voglio loro commentare tre canti, ma solo in par-
               te, della Divina Commedia, i quali servano a lumeggiare il pensiero e il sentimento
               di Dante. I tre canti sono: uno dell’Inferno, uno del Purgatorio, uno del Paradiso. Il
               canto dell’Inferno che esamineremo oggi è il 28°, orribile canto, in cui si vede, me-
               glio che da ogni altro, l’anima terribile di questo pensatore e poeta.
                     Siamo nel penultimo cerchio dell’Inferno, dove sono i fraudolenti. I fraudo-
               lenti veduti da Dante sono distribuiti in dieci buche o bolgie. Dai seduttori di don-
               ne e lusinghieri si va fino ai falsari di ogni specie. Nel canto 28° si descrive la nona
               bolgia. In essa sono i seminatori di scandali e di scismi, ossia quelli che nel mondo
               distrussero le unità materiali e morali; sono quelli che procurarono e generarono di-
               scordie fatali nel mondo. Uno spettacolo orrendo si presenta al Poeta, mentre dal
               ponte si affaccia giù nella cavità di questa bolgia. Nella quasi impossibilità di rende-
               re lo spettacolo atroce, ricorre a un paragone e dice: Se tutti i morti nelle battaglie
               antiche avvenute nella Puglia, se tutti i morti di Canne (tanti che dei soli cavalieri
               che portavano un anello al dito, furono mandati a Cartagine tre moggia di anelli) e
               se tutti i morti in battaglie recenti (quelle di Roberto il Guiscardo, di Carlo d’An-
               giò contro Manfredi e poi contro Corradino, ecc) morti di pessime ferite, mozzica-
               ti, mutilati, insanguinati, mi si fossero presentati davanti collo spettacolo della loro
               strage, non arriverebbero a rappresentare quello che vidi nella 9  bolgia.
                                                                   a
                     Fra tutti questi morti, osceni e insanguinati, uno mi si presentò (dice Dante)
               e io lo guardai intensamente, tanto era orribile il modo della sua ferita. Pareva una
               botte sfondata: (ricordatevi che si chiama «Commedia» il poema di Dante; quindi
               vi sono modi volgari, e nell’Inferno, poi, è trattata la volgarità del male): aveva una
               grande ferita dal mento fino al basso ventre. Il budellame gli scolava giù fra le gam-
               be: si vedeva la coratella, lo stomaco, gl’intestini. E qui leggo:


                 Mentre che tutto in lui veder m’attacco,  E tutti gli altri che tu vedi qui  (3)
               Guardommi, e con le man s’aperse il petto,  Seminator di scandalo e di scisma
               Dicendo: or vedi, com’ i’ mi dilacco.  (1)  Fur vivi; e però son fessi così.
                 Vedi come storpiato è Maometto.    Un diavolo è qua dietro che n’accisma  (4)
               Dinanzi a me sen va piangendo Alì  (2)  Sì crudelmente al taglio della spada
               Fesso nel volto dal mento al ciuffetto.  Rimettendo ciascun di questa risma,


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               Letteratura Italiana                                             Dispensa 6 ª
                1910-1911



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