Page 268 - Lezioni di Letteratura Italiana
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sue anime macchiate si purifichino col colpo d’ala dell’angelo, che le ventila in par-
te, col fuoco che tutte devono traversare per entrare nella divina foresta, donde si sa-
le a Dio, coll’acqua in cui il peccatore si tuffa ed oblia il suo peccato, coll’acqua che
il peccatore beve per diventare disposto a salire al cielo. C’è, dunque, il Purgatorio,
in Virgilio, e Dante ha seguito Virgilio in tutto: anche la selva a principio, anche la
foresta in fondo. Ma Dante, invece di un vecchio poeta, Museo, invece di un vec-
chio eroe, Anchise, vede due belle donne, Matelda e Beatrice; e in questo mostra più
buon gusto. Si suol sempre dire che il Medio Evo ha guastato il bel mondo pagano;
pare, invece, che l’abbia migliorato. Ma osserviamo che Matelda rappresenta simbo-
licamente, l’operazione, quindi l’arte, come si dice in Dante, e che l’arte di Dante è
la poesia, la quale si esprime mitologicamente colla parola Musa. Non vede Museo,
Dante, ma vede la Musa. Anchise, il vecchio padre morto, rivela ad Enea i misteri
dell’al di là. Anchise insegna ad Enea la via di salute che il figlio deve tenere. Anchi-
se – ci vuol poco a capirlo – rappresenta nel mondo Virgiliano, per gli interpreti mi-
stici di Virgilio, la sapienza. Dante non vede Anchise, ma vede Beatrice che è poi la
sapienza ed equivale, con vantaggio, al vecchio morto. Eroe è Dante a sua detta stes-
sa, perché nel De Vulgari Eloquio dice che i figli degli dei elevati dall’ardente virtù
fino alle stelle, che possano entrare e uscire dal regno dei morti, sono i poeti stessi.
Dunque, Dante, riconoscendosi un poeta, riconosce di essere a sua stessa confessio-
ne un eroe di quelli antichi; e nel tempo stesso è anche un personaggio pubblico: è
Giacobbe. Laban, dagli antichi dottori, o padri della Chiesa è interpretato come gra-
zia, perché il suo stesso nome significa candido o biancore. Ora, si dice da questi Pa-
dri che la storia di Giacobbe, che prende due mogli, cioè serve Laban per sette anni
e ha Lia per altri sette ed ha Rachele, si deve interpretare così: che l’uomo servendo
la grazia, facendosi schiavo della grazia, della remissione de’suoi peccati, deve evi-
tare sette colpe (i primi sette anni di servaggio) e deve conquistare sette beatitudini
(gli altri sette anni di servaggio). In ogni cornice del Purgatorio, oltre il corpo d’ala
dell’angelo, v’è anche il canto di una delle sette beatitudini. Chi è il Laban di Dante?
È Lucia. Nel canto II vi è questo terzetto «Questa chiese Lucia in suo dimando, E disse: or
à bisogno il tuo fedele Di te, ed io a te lo raccomando.» Inferno, 98 a 99.
Ora, fedele, in termine medioevale, si chiama schiavo o servo. Lucia, invero, è
la grazia che adduce poi Dante alla porta del Purgatorio e per opera sua Dan-
te può purificarsi dalle sette macchie. Così, da questo raffronto con la Bib-
bia e con le interpretazioni mistiche di essa, da questo riconoscere in Dante
un patriarca del popolo d’Israele, abbiamo la interpretazione facile e sempli-
ce di quel «piè fermo sempre era il più basso» (Inf. I. 30). Dissi, a princi-
pio, che Dante significava, con ciò, il suo andare zoppicando per l’erta; si rac-
conta nella Bibbia che Giacobbe ebbe il femore offeso sì che andava zoppo.
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