Page 198 - Lezioni di Letteratura Italiana
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I LEZIONE
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Come fu umana, pia, santa la nostra rivoluzione.
La scuola, care e gentili ascoltatrici, dovrebbe essere il tempio dell’età nuova.
Veramente, ora, in qualche paese è la catacomba, come a dire, siamo ancora a prin-
cipio; ma ci sono paesi in cui è peggio di catacomba: è taverna. La scuola dovrà esse-
re, il più presto possibile, il Tempio della nostra religione: la religione della Patria. E
quando dico religione della Patria, voglio dire religione dell’umanità, perché, e qui
ripeto, non si nasce noi uomini, si nasce piccoli animali: è la Patria che ci presenta
all’umanità col suo suggello. Quindi, uno che si professa umanitario e non patriot-
ta è nell’assurdo: non è umanitario, né altro. Per giungere all’umanità, si passa dalla
Patria: non c’è altro ingresso. Le nostre scuole, (intendo sempre parlare delle scuole
elementari: le altre sono opifici del pensiero, pensatoi finché si vuole, con locuzio-
ne socratica, ma non vere scuole) le nostre scuole, ripeto, hanno una religione più
fervida di quella delle altre Nazioni: hanno la storia del Risorgimento, che è, quan-
to si può dire, santa ed efficace all’educazione degli spiriti e dei cuori. Non c’è sta-
ta al mondo rivoluzione più buona della nostra, di quella, cioè, che ci ha condotto
a questo ordine di cose, che ci ha liberati dagli oppressori stranieri e domestici, che
di una espressione geografica ha fatto un regno politico, di sette regni separati una
nazione importante. [espressione geografica: (Italien, ein, geographischer Begriff) frase
del principe di Metternik detta con Lord Palmerston in una contesa con lui avuta
riguardo alle domande italiane dell’estate 1847. Pare assodato che il M. non desse
valore di ingiuria alla sua frase, che usò, in quell’occasione, anche per la Germania.
Nota del compilatore].
Accennando, due anni fa, alla bontà intima e santità della Rivoluzione no-
stra, vi intrattenni sul Sant’ Ambrogio del «Giusti». Nel ’46, due anni prima del
‘48, nel grande rivolgimento che parve indefinitivo, entrava il Giusti in una chiesa di
Milano e vi trovava soldati boemi e croati a messa; sentiva l’odor di sego dei loro baf-
fi e provava il ribrezzo per gli stranieri oppressori; ma quando sentì la banda militare,
che suonava assai bene il Coro dei Lombardi (I Lombardi alla prima Crociata - ope-
ra di G. Verdi), che si lamentano pel desiderio della loro patria lontana, e sentì anche
un coro di questi boemi e croati impietriti, si commosse e pensò che quei disgraziati
avevano pure una patria che amavano, e ne erano lontani e oppressi pur facendo da
oppressori per volontà d’altri. E, qui, noto che l’entusiasmo subitaneo del Giusti per
questa fratellanza di popoli si accentuò quando stette quasi per abbracciare il capo-
rale duro e piantato lì come un piolo, nonostante che la mazza di nocciolo, di cui era
armato ricordasse al poeta le bastonate che con essa venivano somministrate ai pa-
triotti italiani. L’ Italia, dunque, si preparava con sentimenti di fratellanza e di amore
alla guerra verso quelli che doveva combattere.
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