Page 122 - Oriana Fallaci - La vita è una guerra ripetuta ogni giorno
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bruciava, sicché su di noi e sull’Islam volevo fare soltanto un post scriptum a La

          Rabbia  e  l’Orgoglio.  Ma  la  tentazione  di  rinsanguare  quella  predica  prevalse,  il
          bisogno d’arricchirla con un discorso più approfondito divenne la consapevolezza
          d’un dovere. Mi fiorì tra le mani La Forza della Ragione, e quando scrivo un libro
          io mi comporto come una donna incinta che pensa al feto nel suo ventre e basta. Non
          conta  che  lui.  M’accorsi,  sì,  che  l’Alieno  s’era  svegliato.  Scrivevo  e  tossivo,
          scrivevo e tossivo. Una tossaccia secca, cattiva, e simile a quella che in pochi mesi

          s’era portata via mio padre con un cancro ai polmoni. Ma anziché correre a Boston o
          cercarmi un medico a New York continuai a lavorare. Se ci vado e mi conferma che
          s’è svegliato, conclusi, mi opera. Se mi opera, interrompo la gravidanza. Abortisco.
          Mi trovai insomma nelle condizioni d’una donna che deve scegliere tra la propria
          vita e quella del figlio. E scelsi la vita del figlio. Con ottimismo, però. Proprio come
          facevo alla guerra, per esempio in Vietnam, quando sceglievo di seguire le truppe in
          combattimento e sapevo che potevo morirci ma con una sorta di scommessa puntavo

          sul non-morire. Mi dicevo: ce-l’ho-fatta-la-volta-scorsa-e-ce-la-farò-di-nuovo. Be’,
          ho perso la scommessa.      26
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