Page 1446 - Shakespeare - Vol. 2
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Note







               1 I, i Il primo movimento dell’opera, che può ben definirsi un allegro, comincia con la dinamica scena
                 d’apertura,  una  conversazione  corale  che  fissa  rapidamente  la  cornice  con  le  due  presenze
                 principesche, introduce i due intrecci d’amore paralleli, opposti e speculari, e indica il contesto sociale
                 e  la  sua  importanza  in  un’opera  che  non  è  fantastica  né  romantica.  I  due  motivi,  Benedetto-
                 Beatrice e Claudio-Ero, ritmeranno l’azione con il loro alternarsi.

               2 I, i, righe 17-18 È il primo di vari accenni a eventi e persone fuori scena che poi non hanno seguito.
                 Biasimati  da  alcuni  critici  come  “loose  ends”,  dettagli  non  rifiniti  (come  se  tutto  in  una  pittura
                 andasse rifinito allo stesso modo), oggi si accettano come suggestive allusioni a mondi possibili che
                 come nuvole o miraggi svariano all’orizzonte della realtà immaginata.

               3 I,  i,  60  I  “five  wits”  erano  per  il  periodo  le  facoltà  mentali,  che  per  analogia  con  i  cinque  sensi
                 venivano indicati a volte come buonsenso, immaginazione, fantasia, stima e memoria.

               4 I, i, 71-73 Il bisticcio sostituisce quello inglese fondato sul modo di dire proverbiale “to be in one’s
                 books”,  godere  del  favore  di  qualcuno,  essere  nell’elenco  dei  suoi  amici  o  del  seguito.  Beatrice
                 ribatte che se Benedetto fosse nei suoi libri lei brucerebbe la biblioteca.

               5 I,  i,  87  Beatrice  dice  in  realtà:  “Non  finché  non  farà  caldo  a  gennaio”,  che  è  uno  dei  modi  di
                 esprimere il concetto del mondo alla rovescia.

               6 I,  i,  238  Il  testo  dice:  “e  chiamatelo  Adamo”,  con  un  riferimento  ad  Adam  Bell,  famoso  arciere
                 celebrato nelle ballate come una sorta di Guglielmo Tell. Che è appunto il nome che ci è occorso.

               7 I, ii Mentre si prepara la scena della danza (II, i) scatta la prima falsa interpretazione di parole udite,
                 che è il primo malinteso (secondo cui il Principe Don Pedro sarebbe innamorato di Ero) sul quale si
                 costruirà, a II, i, il primo tentativo di imbroglio di Don Juan e il primo inganno in cui cade Claudio. La
                 realtà comincia a essere manipolata.
               8 I, iii La scena presenta, abbozzate, con appena un tentativo di caratterizzazione, le figure di Don
                 Juan e dei suoi accoliti. È il preludio al complotto contro Claudio ed Ero che sarà messo a punto a II,
                 ii.
               9 II, i Una prima sezione della scena, in attesa della danza, sviluppa il personaggio di Beatrice. Poi
                 viene  il  bellissimo  episodio  del  ballo,  costruito  sull’alternarsi  delle  coppie  al  proscenio,  una  tecnica
                 raffinata di cui sembra si sia ricordato Goethe nella scena del giardino di Marta nella prima parte del
                 “Faust”. A.R. Humphreys, curatore della commedia nel New Arden Shakespeare, fa notare che dal
                 verso 79 sembrerebbe che la danza sia una pavana, un tipo di danza lento ed elegante in cui le
                 coppie affiancate avanzano e retrocedono con un movimento da passeggio scivolato, che si presta
                 bene al succedersi dei duetti. L’allegro della scena s’incupisce brevemente nello scambio di battute
                 fra Don Juan e Claudio e nella subita depressione di quest’ultimo, per rischiararsi e rallegrarsi con
                 l’intervento arguto di Benedetto e il chiarimento del primo malinteso. E segue il concepimento della
                 trappola burlesca per accoppiare Beatrice e Benedetto.
              10 II, i, 34-40 Qui, dopo tanti sforzi per tentare di rendere in italiano con qualche approssimazione i
                 giochi di parole del testo inglese, casca l’asino del traduttore. Il discorso arguto di Beatrice è fondato
                 su  un  proverbio  inglese,  per  cui  una  donna  che  muore  zitella  è  condannata  a  portare  scimmie
                 all’inferno, e custodirvele. Ho cercato di rendere nel miglior modo possibile inventando un improbabile
                 proverbio italiano.
              11 II, i, 71-72 Altra caduta dell’asino. Beatrice afferma: “Riesco a vedere una chiesa alla luce del sole”,
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